“Ingroia voleva Palazzo Chigi”. La Trattativa politica dell’ex pm

8 aprile 2014

Lo scorso 11 luglio il procuratore capo di Palermo si presenta davanti al Csm perché accusato di aver rivelato dettagli di un’indagine. Ecco il verbale di quell’audizione:

“Una valanga mediatica”, un “abile manovratore” dei mass media, un magistrato che ha sfruttato la vicenda della trattativa Stato-Mafia in modo “spregiudicato” e che ha avuto un comportamento dentologico “assolutamente sgradevole”. Mittente: Francesco Messineo, procuratore capo di Palermo. Destinatario: Antonio Ingroia, suo aggiunto. Messineo parla davanti al Csm l’11 luglio 2013 perché accusato di aver rivelato dettagli dell’indagine sull’ex patron di Banca Nuova Maiolini.

“(…) Sarà certamente una mia sensazione sbagliata, ma ho la netta impressione che il contenuto reale della situazione in cui mi trovo, il punto particolarmente grave, risieda proprio nei miei rapporti con Ingroia e nella vicenda del processo Trattativa(…). Anzitutto circola una specie di leggenda metropolitana (…) quella che io avrei protetto Ingroia, lo avrei salvaguardato da tutto e lo avrei promosso assegnandogli il processo della “Trattativa” e quindi consentendogli la grande notorietà mediatica e tutto quanto segue (…). In punto di fatto ciò è assolutamente falso: non ho assegnato io il processo “Trattativa” a Ingroia, Ingroia conduce, ha condotto ed è stato titolare insieme ad altri magistrati il procedimento in applicazione di una regola che è scritta e che applichiamo sempre nella nostra Procura (…). In particolare mi si addebita di avere tenuta segreta questa indagine, di avere escluso tutti gli altri da qualunque informazione (…) sempre allo scopo probabilmente non lo so, di agevolare Ingroia (…)”.

IO, SUO PROTETTORE?

“(…) Vengo additato come una specie di alto protettore, non lo sono mai stato, e l’alta protezione si sarebbe estrinsecata nell’avergli assegnato il processo “Trattativa” (…), nell’aver avallato tutto quello che Ingroia ha fatto col processo. Non è così in realtà perché abbiamo discusso a lungo e quasi tutte le decisioni sono state prese di comune accordo (…). Ma andiamo all’aspetto mediatico. Ovviamente non c’è dubbio che una persona come Ingroia che ha dei programmi futuri di politica e che è un abile manovratore dei mezzi mediatici con rapporti con giornalisti in tutta Italia, che viene continuamente coinvolto eccetera, un’occasione come quella del procedimento della “Trattativa” è molto ghiotta. E che Ingroia l’abbia spregiudicatamente utilizzata io non ho difficoltà alcuna, io non difendo Ingroia”.

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DISAPPROVO LE SUE SCELTE

“(…) Non condivido le sue scelte di vita, non condivido il suo modo di rapportarsi con l’opinione pubblica, su questo vorrei essere chiaro. È stato detto che io più volte privatamente avrei richiamato o prospettato a Ingroia questa inopportunità del suo comportamento. Questo è verissimo, ho esercitato un tentativo di moral suasion , come si dice modernamente, ma con scarsi risultati perché d’altra parte se uno si candida a fare il premier è molto difficile che ascolti la moral suasion del suo procuratore. Il punto è sempre quello: quali erano i mezzi giuridici a mia disposizione e quindi qual era il comportamento esigibile da me come procuratore per fermare la valanga mediatica di Ingroia (…). Come sapete sono sotto procedimento disciplinare per un intervista rilasciata dal pm Di Matteo e da me non segnalata al Csm. Io non sono sotto procedimento disciplinare, almeno sino ad ora, non sono mai stato neanche interessato da richiesta di notizie per tutta l’attività mediatica pubblica del dottor Ingroia. Il dottor Ingroia ha esternato in tutte le sedi, io non ho mai partecipato a un talk show, sono assolutamente alieno a queste forme autopubblicitarie, ma io non sono stato mai censurato, disturbato da richieste di qualsivoglia genere per questi aspetti”.

CSM IMMOBILE

“Aggiungo che di fronte alle pubbliche prese di posizione del dottor Ingroia e a tutto il suo comportamento l’unica conseguenza, l’unica reazione istituzionale, come sappiamo tutti, è stato un deferimento alla Prima Commissione (…) e poi gli atti sono stati trasmessi alla Commissione per la valutazione di professionalità, e comunque mi pare che abbia chiuso la faccenda per quella vicenda in cui si dichiarò “partigiano della Costituzione”, nella quale io peraltro non avrei potuto esercitare nessuna censura. Questo perché, dato che non parlava di attività d’indagine, l’ordinamento non mi poneva alcun dovere, ma anche rispetto a tutti i talk show e a tutte le altre robe che ha combinato Ingroia, il quale poi, devo dire è stato sempre molto abile nel non incorrere mai, nel non superare mai quel sottile confine di censura, quell’articolo 5 parlando di indagini, né ha sempre parlato come fenomeni di carattere generale, glissando sugli aspetti più precisi. Ma se io avessi sbagliato, se io cioè non avessi usato usato i mezzi giuridici che avevo e quindi se io fossi venuto meno al mio dovere, credo che qualcuno me l’avrebbe fatto notare dato che Ingroia non è che godesse proprio di questi larghi appoggi e simpatie in tutti gli altri ambienti. Non mi risulta che vi sia stata nessuna iniziativa disciplinare né contro Ingroia né quindi contro di me. Allora dico cosa avrei dovuto fare? Travalicare i miei poteri e iniziare un’azione di segnalazione eccetera?

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NON ERO RICATTATO

“Segnalazione poi di che? Di comportamenti assolutamente pubblici, di comportamenti che avvenivano in televisione, su tutti i giornali eccetera che quindi erano assolutamente noti ai titolare dell’azione disciplinare o paradisciplinare? C’è qualcosa che non va, se mi si addebita una indebita debolezza, una compiacenza, mi si deve dire qual era il mio dovere invece, a quale dovere sono venuto meno. Io non ritengo, pur stigmatizzando l’inopportunità, il sopra le righe, l’esempio assolutamente sgradevole di comportamento da parte di Ingroia dal punto di vista deontologico, ma il punto di vista deontologico è un aspetto, il punto di vista giuridico, i poteri del procuratore sono un’altra cosa (…). Il vero addebito da cui mi devo difendere è che in realtà sarei stato, io dico con un’espressione un po’ forte, “nelle mani” di Ingroia, in quanto coassegnatario del procedimento contro mio cognato. Allora, a parte che il procedimento nasce dopo l’inizio della “Trattativa” quindi la “Trattativa” non è il prezzo pagato, questo lo possiamo escludere ma comunque potrebbe essere, solo che c’è un problema…”

LUI E MIO COGNATO

“Il procedimento era governato, regolato e vigilato dal procuratore di Caltanissetta, Lari, titolare di tutti i poteri di controllo e di coordinamento. Ora per quel poco o molto che conosco Lari, io escludo che non abbia esercitato con la massima correttezza, intensità e attenzione i suoi poteri di coordinamento. Quindi chi poteva eventualmente condizionarmi e ovviamente non ne parliamo neanche, non era Ingroia che in fondo era uno dei coassegnatari, ma semmai Lari perché le scelte fondamentali, strategiche da compiere sono state compiute da Lari. Allora dico io l’idea del condizionamento verso il processo di mio cognato prospettabiole se Ingroia avesse avuto l’autonomia assoluta decisionale credo che si attenui (…). Quindi non mi si dica per favore che la ritardata trasmissione è una forma di contraccambio di questa specie di pactum sceleris fra me e Ingroia, perché questo non è assolutamente vero. Io non ho dato nulla a Ingroia e non ho ricevuto nulla da Ingroia. Ho protetto, forse lo posso anche ammettere, può darsi che io abbia commesso degli errori – e chi che non commette errori? – può essere che abbia ecceduto nella protezione del processo sulla “Trattativa” perchè per me era molto importante, era la cosa più importante che in quel momento la procura della Repubblica aveva, ma senza trascurare tutto il resto, ma per il resto io aspetto ancora che qualcuno mi dica non che cosa ho fatto ma che cosa avrei potuto anzi dovuto fare in via alternativa, cioè “Tu da procuratore dovevi applicare l’articolo tale eccetera, e mettere sotto procedimento o segnalare il dottor Ingroia. Non lo hai fatto e quindi i titolari dell’azione disciplinare sono stati privati di questo elemento di conoscenza e non hanno potuto agire”. Non mi risulta nessuna iniziativa”. (Il Tempo)

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