Migranti trasferiti anche in Italia. Ma poi Netanyahu fa marcia indietro

3 aprile 2018

Nel giro di poche ore il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha prima annunciato un accordo con l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr) per il ricollocamento di oltre 16.000 richiedenti asilo africani verso Paesi occidentali, e poi lo ha sospeso dopo le tante polemiche in patria e all’estero. “Ho deciso di sospendere l’applicazione di questo accordo e di ripensarne i termini”, ha dichiarato Netanyahu sulla sua pagina Facebook. Il passo indietro di Netanyahu e’ stato dettato dal malcontento degli abitanti dei quartieri sud di Tel Aviv in cui si concentrano gran parte dei migranti africani, che contestavano l’impegno assunto da Israele a ospitare per almeno altri cinque anni 16.000 eritrei e sudanesi, lo stesso numero di quelli trasferiti. “Sono attento alle critiche e incontrero’ i vostri rappresentanti domani mattina”, ha spiegato in un messaggio agli abitanti della zona. L’accordo con l’Unhcr prevedeva che le autorita’ israeliane mettessero a punto dei “programmi per incoraggiare i richiedenti asilo eritrei e sudanesi a spostarsi dai quartieri meridionali di Tel Aviv”. A pesare sulla decisione sono state anche le critiche di diversi ministri che non erano stati informati preventivamente da Netanyahu. Ma non e’ escluso che abbiano inciso anche i distinguo di Italia e Germania, Paesi citati da Netanyahu come possibili destinazioni per i migranti ma che hanno subito fatto sapere di non aver ancora raggiunto alcun accordo con l’Unhcr e Israele.

I migranti africani arrivano in Israele dal 2005

L’intesa doveva essere attuata nell’arco di cinque anni e avrebbe dovuto permettere di superare il contestatissimo piano per la deportazione di decine di migliaia di eritrei e sudanesi in Ruanda e Uganda, dopo che questi ultimi due Paesi si sono tirati indietro. Il governo Netanyahu considera questi richiedenti asilo eritrei e sudanesi dei migranti economici e aveva offerto loro 3.500 dollari e un biglietto aereo per il Paese d’origine o Ruanda e Uganda. Chi avesse rifiutato, avrebbe rischiato di essere detenuto a tempo indeterminato. I migranti africani hanno cominciato ad arrivare in Israele dalla frontiera lungo il Sinai dal 2005, quando l’Egitto represse le proteste di eritrei e sudanesi. Dal 2012 la costruzione di un muro lungo il confine ha ridotto gli ingressi a poche decine all’anno. Il piano di rimpatri aveva suscitato l’indignazione delle Ong per i diritti umani e proteste in Israele. Intellettuali come Abraham Yehoshua, Amos Oz e David Grossman si erano opposti, piloti dell’El Al avevano fatto sapere che non avrebbero trasportato i migranti in Africa e l’opposizione aveva parlato di scelta “immorale”, una macchia sull’immagine di Israele come terra di accoglienza per gli immigrati ebrei fin dalla sua nascita.

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