La metamorfosi di Luigi Di Maio, da capo politico M5s e capo contabile

La metamorfosi di Luigi Di Maio, da capo politico M5s e capo contabile
Luigi Di Maio
26 febbraio 2018

Alla luce dei fatti, quella dei candidati cinquestelle, gli inglesi la definirebbero una lista “work in progress”. Un elenco di nomi che, tra indagati, condannati, massoni e furbetti a vario titolo, a sei giorni dal voto non ha avuto ancora il sigillo definitivo. A memoria d’uomo, difficile ricordare una tale pirandelliana vicenda dalla nascita della Repubblica. Il capo politico Di Maio, nelle ultime settimane, appare più un capo contabile dato che, oltre a girare per le piazze per far capire cosa farebbe una volta divenuto premier, è impegnato a far quadrare i conti dei rimborsi, a scovare massoni tra centinaia di elenchi e a verificare, in sostanza, quello che a tempo debito doveva essere verificato. Prima o poi la bolla doveva scoppiare. Un partito che punta a governare un Paese come l’Italia, non può essere guidato da un solo uomo al comando. Ufficialmente non c’è una segreteria animata dai vari responsabili di settori, non c’è un coordinamento territoriale, non c’è un’interfaccia politica che possa rassicurare con la massima trasparenza chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. In estrema sintesi, non può governare un’enigmatica piattaforma privatista Rousseau. Prima dell’apertura delle urne potrebbe arrivare l’ennesima espulsione dal Movimento per un altro furbetto. Finora siamo a tredici candidati cacciati. Numero più che sufficiente per creare un futuro Gruppo Misto in parlamento, qualora gli interessati venissero eletti. Fatto che non può che far gongolare Silvio Berlusconi che proprio ai ‘cacciati’ aveva lanciamo l’amo.

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