La resa dei conti in FI nel ventennale del trionfo. “Mi dimetto da deputato per correre alle Europee”

26 marzo 2014

La data riporta alla mente dolci ricordi. Il 27 marzo 1994 l’Italia andava alle urne e celebrava l’avvento della Seconda Repubblica regalando un inatteso successo, il primo, a Silvio Berlusconi e alla sua Forza Italia. Il presente, invece, sembra evocare solo ombre. Domani, nel ventennale di quella data, il partito dell’ex premier vivrà uno dei momenti di maggior tensione della sua storia. A piazza San Lorenzo in Lucina, infatti, si dovrebbe tenere la prima riunione di quel comitato di presidenza appena nominato da Berlusconi. Con all’ordine del giorno il tema delle candidature per le elezioni europee.

La nomina dell’agognato organigramma, infatti, non ha rasserenato il clima. All’ala lealista del partito, incarnata da Raffaele Fitto e Denis Verdini, la composizione del comitato è apparsa come l’ennesima conferma del potere crescente nel partito del “cerchio magico”.

Al punto che lo stesso Fitto, in silenzio da alcune settimane, è uscito allo scoperto con una nota che assomiglia a una dichiarazione di guerra: “Se dovesse permanere la tesi di non candidare i parlamentari nazionali sono pronto a candidarmi e disponibile a dimettermi dal Parlamento” ha annunciato il deputato pugliese. Che poi, almeno apparentemente, smorza i toni: “Leggo su alcuni quotidiani ricostruzioni fantasiose e velenose che sono assolutamente offensive per chi, come me, ha fatto e fa della lealtà, della correttezza e della coerenza i connotati essenziali del proprio impegno politico”.

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Fitto si riferisce all’ipotesi che, di fronte a un alt di Berlusconi alla sua candidatura, lo vedrebbe pronto a favorire la nascita di un partito regionale al sud in grado di far concorrenza a Forza Italia per sottrarre voti decisivi nella corsa per Strasburgo. Un’eventualità che viene sì vista come remota. Ma solo perché si spera che l’ex premier, di fronte a una simile prospettiva, decida di “cedere” e permettere all’ex ministro di candidarsi per Strasburgo.

Peccato che, contro questa ipotesi, si sia schierato tutto il cosiddetto “cerchio magico” che, secondo i lealisti, avrebbe sempre più peso nelle decisioni di Berlusconi. E che, non a caso, è largamente rappresentato in un comitato di presidenza dove i lealisti sono in minoranza e dove alcuni dei cosiddetti “falchi”, in particolare Daniela Santanchè, hanno visto ridimensionato il proprio ruolo a “partecipanti” senza diritto di voto.

La teoria del cerchio magico è semplice: se Fitto si candida, potrebbe prendere più voti di Giovanni Toti, il “consigliere politico” designato dall’ormai ex Cavaliere. E così lanciare un’opa sul partito nel momento in cui Berlusconi dovrà fare i conti con le restrizioni alla propria libertà personale. La data cruciale è il 10 aprile. Quando, cioè, il tribunale di sorveglianza di Milano si riunirà in udienza per decidere se l’ex premier dovrà scontare la sua pena per frode fiscale ai domiciliari o ai servizi sociali.

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Dal canto suo Giovanni Toti – l’uomo che con la “segretaria” Maria Rosaria Rossi, la fidanzata Francesca Pascale e il coordinatore dei club Marcello Fiori viene considerato tra i più vicini all’ex premier – continua a minimizzare lo scontro in atto nel partito: “Ogni singola opinione viene esagerata a dismisura, invece c’è un semplice dibattito” spiega. Con un’apparente apertura a Fitto: “Le sue dimissioni da parlamentare? Potrebbe essere questa la strada”. Senza dimenticare, però, che Berlusconi resta in campo e che “ Forza Italia senza di lui non ci sarebbe e non ci sarà mai”.

Sembra un monito a non mettere in discussione l’autorità del leader e a non fantasticare su ipotetiche successioni. Peccato che l’”attenti” intimato dall’ex premier lunedì non abbia fermato la polemica nel partito: “Dissento – dice Gianfranco Rotondi – da un partito che non sa se fa opposizione a Renzi o aspetta il suo turno per sedersi a tavola, con un leader che ha l’affetto e il consenso di tutti noi ma si comporta come se a un certo punto ciò gli avesse dato noia”. E in questo contento persino gli esponenti locali cantano fuori dal coro: “È inconcepibile che nel comitato di presidenza non ci sia spazio neanche per un esponente sardo” si lamenta l’ex senatore Piergiorgio Massidda.

 

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