La Sicilia, le Province e il Gattopardo

16 marzo 2017

Quattro anni di chiacchiere per non cambiare nulla. E, in barba alla legge ‘Delrio’, la Sicilia è pronta a tornare al voto per eleggere presidenti e consigli delle ex Province. L’immortale politica gattopardiana che anima parlamento e governo isolani è viva più che mai. Annunciata in pompa magna in tv quattro anni fa da Rosario Crocetta, la riforma della Province in Sicilia non è stata ma varata dal parlamento. Addirittura, allora – era il 2013 – il governatore si vantava davanti alle telecamere di aver bruciato sul tempo il parlamento nazionale nell’archiviarle. Ma la riforma s’è impantanata e aggrovigliata tra passi falsi, impugnative del governo Renzi e guazzabugli. Quattro anni di commissariamento nel corso dei quali si sono alternati quattro assessori e circa quaranta commissari inviati da Crocetta nei sei liberi consorzi, cioè le ex Province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani. E sì, liberi consorzi, perché in tutto questo periodo, in merito, l’unica vera riforma varata dall’Ars è il cambio di denominazione degli enti: da Province a Liberi consorzi. Poi ci sono le tre città metropolitane: Palermo, Catania e Messina, ma questo è un altro capitolo.

Le proroghe dei commissari sono state appena firmate dall’assessore competente. Tradotto: gli inviati di Crocetta potranno continuare a governare gli enti fino alla fine dell’anno. Ovvero fino alla fine della legislatura, dato che in Sicilia si voterà a ottobre. Il che vuol dire che in cinque anni, Crocetta ha commissariato per ben quattro anni gli enti. Per l’ennesima volta, si è riunita la commissione Affari istituzionali dell’Ars per lavorare al nuovo testo che, tra l’altro, dovrà prevedere la reintroduzione dell’elezione diretta al posto di quella di secondo livello. Il presidente della commissione, Salvatore Cascio, fa sapere che “abbiamo individuato un consulente a titolo gratuito che ci aiuterà nella stesura, una ricercatrice dell’Università di Catania, Francesca Leotta”. Ovvero la “figlia” dell’assessore regionale alla Funzione pubblica, Ettore Leotta, piazzato a suo tempo da Crocetta, e che nel giugno del 2015 s’è dimesso, essendo “stanco, dopo il crollo del pilone sulla A19, di andare e venire da Siracusa”. “Ho una certa età e anche la difficoltà del viaggio hanno influito sulla mia decisione”. E, quindi, dopo due anni, è stata chiamata la figlia come consulente per contribuire al già sofferto parto della riforma. Il presidente del parlamento siciliano, un’idea già ce l’ha. “Quale governance per i Liberi Consorzi Comunali è secondaria – dice Giovanni Ardizzone -. In questo momento, è utile stabilire invece le funzioni di questi enti”. Funzioni, ovvero cosa devono fare questi enti. Una domanda che tutti si chiedono da quattro anni, e in particolare i 6.500 dipendenti che fino a oggi attendono mansioni e carichi di lavoro. Per non parlare della loro mobilità. Un altro grosso pasticcio, in quanto se i dipendenti dovessero transitare ai Comuni si accenderebbe una guerra con i precari.

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