La tortura in Siria nei disegni spaventosi di un rifugiato

23 agosto 2018

Una testimonianza straziante sulle torture del regime siriano durante la guerra civile. E’ quella di Najah Albukai, 49 anni, ex insegnante d’arte, rifugiato siriano che oggi vive in Francia, nella periferia di Parigi. Un racconto per immagini, quelle dei suoi disegni, e parole, quelle che usa nell’intervista per spiegare cosa ha vissuto in prima persona a Damasco. “Sono stato costretto a lasciare casa mia nel luglio del 2011”, ha ricordato Najah, un sostenitore dei primi movimenti di protesta contro Bashar al Assad all’inizio della guerra civile. “Mi sono nascosto quattro mesi a Damasco. Poi sono tornato a casa. Mi sono nascosto nel mio atelier per quattro mesi, il tempo di essere arrestato nel 2012 mentre andavo a lavorare”, ha raccontato.

Albukai è stato portato nel centro di detenzione 227, gestito dai servizi. Un luogo di tortura che l’uomo ha descritto nei suoi disegni a china, dove i detenuti ricordano le anime perdute dell’Inferno dantesco. “Qui diverse persone venivano interrogate contemporaneamente – ha ricordato – e mentre alcuni erano torturati, altri subivano l’interrogatorio. E mentre tu rispondevi alle domande, altri erano torturati accanto a te, e nemmeno sapevi chi erano queste persone”. Najah ha disegnato anche alcune tecniche di tortura adottate dai servizi. Come lo strumento della “sedia tedesca”, inventato dai nazisti: “Si passano le braccia qui, sotto la sedia. Poi si fa pressione sulla sedia, in modo che si raddrizzi. In questo modo il corpo del prigionero è curvo”.

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Un altro disegno straziante, è quello che Najah ha dedicato ai morti. “Questo è al mattino. Quando si portavano via i cadaveri raccolti nel centro e in altri centri. Dovevamo caricarli nei camion. L’odore era spaventoso, a volte si trattatava di prigionieri morti da giorni”, ha spiegato Najah, che difficilmente riesce a spiegare a parole il suo stato d’animo di quel periodo”Si è sospesi tra la vita e la morte. È stato un periodo apocalittico. Sembra di vivere in un incubo”. Najah questo incubo lo ha trascritto sui fogli da disegno, anche se non è stato facile riprendere la china in mano.”Continuare a disegnare, significa però non voler cedere, non voler deporre le armi. Se oggi avessi disegnato bouquets di fiori o paesaggi da sogno, sarebbe stato come deporre le armi”.

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