Il futuro capo commissione non piace neanche ai tedeschi

Il futuro capo commissione non piace neanche ai tedeschi
Ursula von der Leyen, ministro della Difesa tedesco
5 luglio 2019

Se fra due settimane il Parlamento europeo approverà la nomina di Ursula von der Leyen, la ministra della Difesa tedesca diventerà una presidente delle Commissione europea sui generis: ha messo insieme il consenso dei paesi liberali occidentali e dei conservatori dell’est Europa, eppure in patria è una personalità molto divisiva. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha elogiato la sessantenne perchè possiede “il DNA comunitario”, mentre la testata conservatrice polacca Gazeta Polska ha salutato la sua nomina come una”scelta storica”. Tuttavia, in Germania, la prospettiva di una tedesca per la prima volta alla presidenza della Commissione in 52 anni ha sollevato proteste in tutto l’arco politico.

L’ex leader dei socialdemocratici (SPD), Martin Schulz, ha definito Von der Leyen “il ministro più debole del governo”, mentre il suo collega Sigmar Gabriel, ex vicecancelliere, ha detto che la sua nomina “un atto di inganno politico senza precedenti”. I Verdi hanno lamentato un “intrigo di corridoio vecchio stile” e i liberaldemocratici l’hanno definita “non il miglior candidato”, mentre l’estrema destra di Alternative fuer Deutschland ha detto che la sua scelta è “un tradimento degli elettori”. Addirittura Manfred Weber, il candidato scelto inizialmente dalla Cdu di Angela Merkel per il posto di capo della Commissione, ha lamentato “un giorno triste per la democrazia europea”.

Katarina Barley, ex ministra della Giustizia Spd, oggi uno dei nuovi vicepresidenti dell’europarlamento, ha annunciato che voterà contro l’incarico alla sua ex collega di governo, una scelta che ha l’endorsement di un grande quotidiano tedesco come la Sueddeutsche Zeitung. Von der Leyen è una scelta “inadeguata”, ha scritto il quotidiano, perché il suo lavoro da ministra della Difesa è stato così modesto che avrebbe dovuto dimettersi da tempo. “Non sarà in grado di far fronte alla presidenza della commissione”, ha aggiunto. Tra l’altro la Germania è stato l’unico Paese dei 28 ad astenersi sulla sua designazione, una scelta che ha più che altro a che vedere con equilibri interni alla Cdu di Merkel, la quale ha sacrificato il candidato ufficiale per mettere una sua alleata sulla poltrona della Commissione.

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Il curriculum di Von de Leyen ha tutto quel che serve. Nata a Bruxelles, figlia di uno dei primi funzionari pubblici europei, parla correntemente francese e inglese e l’inizio della sua carriera politica è stato contraddistinto da una coraggiosa proposta di “Stati uniti d’Europa, sul modello degli stati federali come la Svizzera, la Germania o gli Usa”. Molti commentatori sottolineano i progressi fatti sotto la sua guida nell’integrazione della difesa europea. I suoi sforzi diplomatici nell’organizzare la missione Nato nell’Egeo nel 2016 per arginare la crisi dei migranti hanno ottenuto il sostegno di Grecia e Turchia e le sono valsi l’ammirazione di molti a Bruxelles. Quando era ministro della Famiglia, tra il 2005 e il 2009, ha scompigliato le carte aumentando i posti negli asili nido e le retribuzioni per i congedi parentali. Nel 2017 ha votato a favore dei matrimoni gay, quando la stessa Merkel ha votato contro.

Ma da quando ha preso il portafoglio della Difesa nel 2013 la sua popolarità è crollata e oggi la penultima nella classifica dello Spiegel sulla popolarità dei ministri. Chi la difende dice che occuparsi della forze armate tedesche, cronicamente a corto di fondi, è una maledizione: la poltrona di ministro della Difesa è nota come “il seggiolino eiettabile”, dal quale molti dei suoi predecessori hanno bruciato la loro carriera politica. E il fatto che Von der Leyen sia la prima donna a occupare la poltrona e che sia riuscita a sopravvivere finora è un segnale della sua resistenza. Tuttavia almeno uno degli scandali che offuscano la Difesa tedesca è collegato direttamente alla ministra: una commissione parlamentare indaga su accuse di nepotismo in relazione a contratti multimilionari affidati ad appaltatori esterni. Uno di questi contratti è stato affidato a McKinsey, società di consulenza per la quale lavora il figlio. Concentrando i suoi sforzi di riforma delle forze armate su temi “soft” come orari di lavoro e asili nido, Von der Leyen è accusata di aver ignorato problemi ben più grandi, relativi all’addestramento e agli equipaggiamenti, e ha perso l’appoggio tra i militari.

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“Per dirla con un eufemismo: i soldati tedeschi non si sentono molto amati da lei”, ha detto il giornalista Thomas Wiegold, un esperto di forze armate tedesche. I rapporti hanno raggiunto il punto più basso nel 2017, quando la ministra ha accusato le sue truppe di avere un “problema di atteggiamento”. Ma secondo Wiegold Von der Leyen è solo parzialmente responsabile degli scandali che oscurano il ministero e la ministra vince nel confronto con i predecessori, che dicevano le parole giuste alle truppe mentre tagliavano il bugdet della Difesa. A maggio, Von der Leyen ha annunciato un aumento di 5 miliardi di euro della spesa per la difesa tedesca, il più grande dalla fine della guerra fredda.

La violenza verbale con cui i partiti tedeschi hanno accolto la sua designazione alla Commissione si spiega piuttosto con la delusione per il fallimento del processo degli “spitzenkandidaten” per la nomina, nel quale ciascun gruppo parlamentare indica il candidato di bandiera da portare alle elezioni, nel tentativo di dare maggiore trasparenza possibile alla scelta. Il fallimento degli “spitzenkandidaten” equivale a un “tradimento e un inganno degli elettori”, ai quali è stato venduto come un strumento per garantire maggiore democrazia, ha detto l’ex vicepresidente tedesco della Commissione Guenter Verheugen a Deutschlandradio. “Se dovessi inventare un modo per aumentare la disillusione verso la democrazia e la politica in Europa, allora farei esattamente quello che è successo ora”, ha detto Verheugen. “Il danno è grande e le conseguenze non possono ancora essere previste”.

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Ma i critici degli “spitzenkandidaten” dicono che il sistema era un’invenzione tedesca che non è mai stata veramente accettata come procedura ufficiale dalla maggior parte degli altri stati membri. Nessuno dei tre principali contendenti – Weber, il socialista olandese Frans Timmermans la liberale danese Margrethe Vestager – è riuscito a ottenere una netta maggioranza tra i deputati. Alla luce di ciò, Von der Leyen è “una soluzione decente”, ha scritto il giornale tedesco di centro sinistra Die Tageszeitung. “Ha esperienza e gode di rispetto sulla scena europea, rappresenta una Merkel-CDU moderata e non si lascerà intimidire da nessuno dei capi di stato”.

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