L’anatema di Pizzarotti: “Luigi Di Maio farà stessa fine di Matteo Renzi”

L’anatema di Pizzarotti: “Luigi Di Maio farà stessa fine di Matteo Renzi”
Il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti
18 maggio 2018

Quando Federico Pizzarotti ha abbandonato il M5s, Beppe Grillo disse: “Sono contento, si goda i suoi 15 minuti di celebrità”. Dopo circa diciassette mesi, il sindaco di Parma è ancora sulla scena. Ha anche dato vita al cosiddetto partito dei sindaci (Italia In Comune) e, come sempre, non le manda a dire. “Contratto con la Lega? È la morte del Movimento”. Ed osserva che tra i Cinquestelle regna “malpancismo” in quanto, “il M5s è diventato il partito di Di Maio”. Poi l’affondo: “Luigi Di Maio farà la fine di Renzi”.

Signor sindaco, come vede governo Lega-M5s.

“Come sindaco mi auguro sempre che un governo nasca. Il nostro impegno è fatto di dialogo istituzionale quasi settimanale con chi è chiamato a governare l’Italia, proprio perché abbiamo a cuore le nostre città e il dovere di ottenere risultati concreti da portare a casa. Politicamente, invece, vedo per la prima volta in Europa la nascita di un governo populista. Un governo, cioè, che parla solo alle ansie delle persone e agita paure. La Lega, da sempre, ha scelto di essere populista, il Movimento ha scelto di diventarlo”.

Molti punti di programma annunciati dai grillini in campagna elettorale sembrano ‘annacquarsi…’ tra le pagine del contratto. Come potrebbe reagire la base del movimento?

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“Sedersi al tavolo delle trattative vuol dire ottenere qualcosa e, al tempo stesso, perdere qualcosa. Chi amministra lo sa bene, ma non è questo il punto. Stiamo parlando di un contratto che per essere realizzato servirebbero anni e miliardi di euro che l’Italia non ha. Ma poi a quale prezzo? Con quali risultati? Si rischia il default per inseguire le paturnie di Di Maio e di Salvini. È questo che vuole l’Italia, una delle principali democrazie d’Europa e maggiori potenze economiche? Dentro a quel contratto c’è un minestrone di idee e posizioni politiche tra loro incoerenti. D’altra parte il populismo è esattamente questo: una massa senza forma”.

Premesso che l’elettorato Cinquestelle ha dato mandato ‘pieno’ a Di Maio per governare, come interpreta il ricorso dei militanti a ‘Rousseau’ per l’approvazione o meno del programma?

“La democrazia quando degenera si trasforma in plebiscito: una pura ratifica di qualcosa che è già stato deciso in altre sedi. La democrazia è poter scegliere, non ratificare scelte di altri. Tutto lecito, per carità: noi sindaci siamo chiamati quotidianamente a decidere e, talvolta, a prendere posizioni impopolari. Ma non mi si venga a dire che una volta scelto l’alleato di governo, una volta sedutisi al tavolo delle trattative e deciso i termini del contratto, il premier e magari anche qualche ministro di peso, la ratifica equivalga a una scelta democratica”.

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Lei conosce Di Maio. Sarebbe un buon premier per l’Italia?

“Non prevedo il futuro e sarei un demagogo se fingessi di prevederlo. Mi limito solo a ricordare i fatti: quando esisteva il direttorio dei 5 stelle, Di Maio era il delegato ai rapporti con i sindaci. Sotto la sua gestione Rosa Capuozzo fu fatta fuori, il sindaco di Gela Messinese pure, mentre la mia storia è nota a tutti. Diciamo che se non sei in grado di gestire tre Comuni…”.

Pensa che il ‘timone’ del Movimento oggi sia ancora nelle mani di Grillo-Casaleggio o in quelle di Di Maio?

“Che sia il partito di Di Maio è nei fatti: nel contratto di governo viene definito capo politico. L’uno vale uno è stata una bella favola finché è durata. Tuttavia non ne faccio una colpa né una responsabilità a nessuno. Le cose cambiano e con loro le persone. Il Movimento è nato come percorso di civismo politico che doveva cambiare il Paese mandando a casa chi ha governato per 30 anni l’Italia. Alla prova dei fatti si siedono al tavolo con la Lega di Calderoli e Salvini. La Lega, lo sappiamo tutti, è un partito che viene dalla Prima Repubblica”.

Come va il suo partito dei sindaci?

“Per me è arrivato il tempo di fare una scelta netta: da una parte ci sono forze che parlano di barriere e di muri, e che agitano paure ogni giorno. Dall’altra c’è chi vuole parlare a tutte quelle persone che pensano che una via alternativa al populismo esista, è che è una via fatta di realtà e di risposte concrete. È la politica dei sindaci. ‘Italia In Comune’ è questo: nasce come un’alleanza tra cittadini e sindaci. Lavorare insieme è sempre stato necessario. Ora vogliamo farlo non solo per le nostre città, ma anche per le nostre regioni e il nostro Paese”.

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