L’arsenale nucleare e missilistico cinese che sfida gli Usa

L’arsenale nucleare e missilistico cinese che sfida gli Usa
I presidenti della Cina, Xi Jinping e degli Usa, Donald Trump
23 ottobre 2018

La crescente potenza nucleare cinese è uno dei motivi dichiarati per i quali il presidente Usa Donald Trump ha annunciato l’uscita dal Trattato sulle forze nucleari a medio raggio INF, firmato nel 1987 da Ronald Reagan e, per l’Unione sovietica, Mikhail Gorbaciov e ha dichiarato la volontà di tornare a rafforzare l’arsenale statunitense.

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Ma qual è la potenza nucleare cinese? Il “SIPRI Yearbook 2018”, pubblicato dallo Stokholm International Peace Research Institute, ha registrato un aumento del numero di testate nucleari in possesso della Cina di 10 rispetto all’edizione precedente. In tutto Pechino avrebbe a disposizione qualcosa come 280 testate nucleari. Il dato riportato è comunque riferito a inizio dello scorso anno. Una crescita non esponenziale, ma costante. Siamo a un numero ben lontano da quello delle due superpotenze – Stati uniti e Russia – che rappresentano più o meno il 92 per cento di circa 14.465 testate nucleari. Tuttavia si tratta di un arsenale di tutto rispetto, soprattutto se visto nella prospettiva di un costante upgrade dei vettori, in particolare dei missili, che la Cina ha messo in campo.

Secondo il Centro studi internazionali strategici CSIS, la Cina ha il più attivo e diversificato programma di sviluppo missilistico al mondo, che va dai missili intercontinentali balistici, allo sviluppo dei veicoli di rientro multipli (MIRV) ai missili sottomarini. La Cina possiede un limitato ma efficiente arsenale di missili intercontinentali balistici appartenenti alla classe Dong Feng. Tra questi, il DF-41, un missile intercontinentale non ancora operativo che, significativamente, Pechino ha testato nel deserto del Gobi proprio due giorni prima che Trump a novembre 2017 arrivasse in Cina. Per quanto riguarda i missili intermedi, il Dong Feng 21 ha dato vita a una serie di micidiali varianti.

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Questo sviluppo, da parte degli Stati uniti, è visto come una potenziale sfida all’egemonia militare, anche perché la Cina non è firmataria del Trattato INF, quindi è libera di sviluppare il suo arsenale, per quanto sostenga a ogni pie’ sospinto che tale sviluppo ha esclusivamente scopo difensivo. Ma a preoccupare Washington potrebbe essere anche un altro elemento. Gli analisti osservano infatti un allargamento delle competenze delle Forze missilistiche dell’Esercito di liberazione del popolo. Questo sconfinamento potrebbe cambiare l’approccio alla forza nucleare cinese, facendo cadere il muro tra un conflitto convenzionale e non convenzionale. Le Forze missilistiche cinesi sono organizzate in sei basi missilistiche, ognuna delle quali è gestita da una brigata missilistica. Queste forze, inoltre, dovrebbero essere quelle che materialmente gestiscono l’arsenale, il suo stoccaggio. askanews

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