Le bombe Ue non scalfiscono il governo

Le bombe Ue non scalfiscono il governo
Luigi Di Maio e Matteo Salvini
27 ottobre 2018

Il persistente tsunami comunitario non travolge il governo gialloverde. La politica sull’Europa, d’altronde, è uno dei pochi punti che tiene legati Cinquestelle e Lega come due gemelli siamesi. Ma se non è Bruxelles, certamente sono manovra e banche a dare una scossa ai due partiti della maggioranza. Fermo restando che, per ora, continuano a far registrare livelli di consenso molto alti, non lontani dal 60%.

Ma un campanello d’allarme arriva. E lo registra la super media dei sondaggi effettuata da YouTrend in questa settimana. In sostanza, si conferma la Lega in testa, come prima partito, per la terza volta consecutiva, pur perdendo lo 0,8% di consensi rispetto alla settimana precedente, attestandosi quindi al 30,6%. Il MoVimento Cinque Stelle, pur con un calo dello 0,5%, continua a tallonare il partito di Matteo Salvini, arrivando al 28,1%. Una flessione, per entrambi, inferiore all’1% ma che non deve essere sminuita dai due leader di maggioranza. Infatti, al di là delle posizioni politiche e delle intenzioni di voto, la maggioranza degli italiani non sottovaluta i rischi per l’economia del nostro Paese. Tutt’altro. Secondo un sondaggio Tecnè, il 53% teme che ci possa essere una crisi finanziaria, mentre solo il 31% è convinto che non ci saranno ricadute negative per i cittadini.

E di questa preoccupazione degli italiani, i due partiti di governo non possono non tenerne conto. Soprattutto i Cinquestelle, perché sarebbero costretti, qualora la situazione finanziaria dell’Italia dovesse precipitare, a mettere le mani in tasca degli italiani per dare un aiuto alle banche. Cosa che già ha preannunciato senza giri di parole, il vice premier, Matteo Salvini. Ma che sarebbe cosa ben diversa per il suo collega, Luigi Di Maio, in quanto si ritroverebbe costretto a ingoiare un altro rospo, dopo quello del condono fiscale. L’opposizione, intanto, appare sempre latitante. Sia il centrosinistra (Pd, LeU & compagni), sia Fi e FdI, non sono in grado di approfittare di questa, seppur lieve, battuta d’arresto della maggioranza, per uscire dal letargo, come rilevano gli stessi sondaggi. Nonostante le flebili variazioni di segno positivo, sia il Pd (16,6%) che Forza Italia (8,9%) restano infatti molto lontani e non mostrano alcuna tendenza alla crescita.

I consensi in uscita da Lega e M5S (anche se pochi, come detto), sembrano distribuirsi in maniera tutto sommato uniforme, il che spiega anche perché i partiti minori, sia di destra (come FdI al 3,6%) che di sinistra (come LeU e Potere al popolo – rispettivamente al 2,6 e 2,2 per cento) restano stabili o persino facciano registrare lievi variazioni al rialzo. Uno dei pochi ad essere convinto che la sinistra è finita, addirittura è un comunista puro-sangue. L’ex presidente della Camera, Fausto Bertinotti chiosa: ”Io penso che la sinistra sia morta e che non abbia nessuna possibilità di risalire attraverso degli ‘aggiustamenti’”. Il che vuol dire, “bisogna partire da questa cesura per reinventarsi”. Sul fronte opposto, continuano le guerre fratricida all’interno degli azzurri. E se da un lato, c’è Giovanni Toti che, puntualmente mette benzina sul fuoco, dall’altra parte c’è Antonio Tajani che finora non è riuscito a dare una vera svolta al partito sempre più intrappolato da un cerchio magico che continua a vivere di ricordi.

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