Haftar alla conquista del Fezzan. “La Francia in azione, l’Italia senza strategia”

Haftar alla conquista del Fezzan. “La Francia in azione, l’Italia senza strategia”
Khalifa Haftar
13 febbraio 2019

L’offensiva lanciata nel Sud della Libia dal generale Khalifa Haftar potrebbe diventare un “game changer per il processo politico libico” e vede la Francia “più coinvolta, attiva militarmente sul terreno in Ciad, con bombardamenti aerei contro le forze di opposizione” che hanno base nella regione del Fezzan, mentre, di fronte all’evolversi della situazione, l’Italia sembra “non avere una strategia politica”. E’ quanto ha detto Claudia Gazzini, analista esperta dell’International Crisis Group per la Libia, interpellata da askanews sulla campagna lanciata a metà gennaio dall’autoproclamato Esercito nazionale libico guidato di Haftar, che ha portato finora alla conquista del capoluogo regionale, Sebha, e del principale sito petrolifero libico, Sharara.

A oltre sette anni dalla caduta di Muammar Gheddafi, la Libia è divisa tra un governo di accordo nazionale, riconosciuto dalla comunità internazionale, con sede a Tripoli e guidato da Fayez al Sarraj, e un governo parallelo sostenuto dalle forze di Haftar, che controlla l’Est del Paese. In questi anni, la vasta regione desertica del Fezzan, che confina con Algeria, Niger, Ciad e Sudan, è rimasta fuori dalla contesa politica, con la popolazione priva di qualsiasi sostegno economico e sociale che ha più volte sollecitato l’intervento del governo di Sarraj. Un governo che oggi appare “molto debole” con scontri “proprio all’interno del Consiglio presidenziale” e difficoltà per il ministro dell’Interno Fathi Bashaga a mettere in atto il nuovo piano di sicurezza per Tripoli, dopo i sanguinosi scontri dei mesi scorsi nella capitale libica. Alla conferenza di Palermo dello scorso novembre, l’inviato Onu per la Libia, Ghassan Salamè, aveva presentato un nuovo piano per la stabilizzazione del Paese, che prevedeva di tenere una Conferenza nazionale entro la fine di gennaio in modo da avviare poi il processo elettorale.

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“Il ritardo per la Conferenza nazionale è dovuto al fatto che l’inviato Onu sente che non c’è un accordo tra le parti – ha spiegato l’analista – se ognuno vuole imporre una propria linea è difficile vedere come questa conferenza possa poi portare a un accordo comune. E in assenza di un accordo comune Salamè ha ritardato la conferenza”. “Certo è un azzardo – ha commentato Gazzini – perchè potrebbe tenerla comunque e imporre una road map politica. Cosa che però Salamè non vuole fare”. E questo ritardo “viene letto dalle forze di Haftar come un suo rinnegare le promesse fatte”. Alla domanda se tale offensiva possa quindi compromettere il processo Onu, con la conquista del Sud da parte di Haftar e una sua eventuale estensione al Nord-Ovest, Gazzini ha risposto: “Le dinamiche nel Fezzan e il consolidamento della presenza di Haftar sia a Sebha che a Sharara possono diventare game changer, un punto di svolta per il processo politico libico, ma penso sia prematuro dire che questo possa significare la fine del processo politico Onu che comunque ha già visto delle difficoltà già prima di questa offensiva. Cosa succederà e quanto sarà influente questa dinamica che stiamo vedendo nel Sud dipenderà anche da cosa succederà nelle prossime settimane”.

“Adesso sembra che l’arrivo delle forze di Haftar sia abbastanza pacifico, senza scontri, ma bisogna vedere come si svolgono le trattative con la società petrolifera libica sul controllo dei campi petroliferi Sharara e quali saranno le reazioni delle fazioni anti-Haftar a Nord – ha rimarcato l’analista – non è da escludersi qualche rappresaglia di gruppi armati più o meno ufficialmente legati al governo di Tripoli e non sono ancora da escludere scontri militari a livello intertribale tra gruppi al momento alleati con Haftar e quelli che ancora lo contrastano. E’ una situazione ancora in fieri”. Il sito di Sharara, fermo dallo scorso dicembre, è gestito dalla joint venture Akakus, che riunisce il colosso libico NOC, la spagnola Repsol, la francese Total, l’austriaca OMV e la norvegese Statoil, e ha una produzione di circa 315.000 barili al giorno, a fronte di una media nazionale giornaliera di un milione di barili.

L’evolversi della situazione in Libia, con l’avanzata delle forze di Haftar va comunque “letta nel quadro geopolitico del momento”, ha proseguito, “che vede la Francia più coinvolta, attivamente militarmente sul terreno in Ciad con bombardamenti aerei contro le forze di opposizione che non hanno precedenti negli ultimi anni”. L’ultima volta che la Francia è intervenuta militarmente a sostegno del governo del presidente del Ciad, Idris Deby, risale infatti al 2008, quando fermò i ribelli ciadiani alle porte del palazzo presidenziale di N’Djamena. Ma i bombardamenti messi a segno dall’aviazione francese la scorsa settimana contro una colonna di ribelli proveniente dal Sud della Libia devono essere anche letti ricordando che “per la Francia la sopravvivenza del regime di Deby è fondamentale come partner nella lotta al terrorismo nei vari teatri del Sahel”. A N’Djamena si trova infatti il quartier generale della missione antiterrorismo francese Barkane.

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Alla domanda quale sia a suo giudizio la posizione politica dell’Italia in tale contesto, Gazzini ha risposto: “Non mi sembra che l’Italia abbia una strategia politica, sembra che sia più una ‘public diplomacy’, ossia quella di rincorrere le photo-opportunity, senza necessariamente mettere sul tavolo una linea politica o un progetto di trattative politiche che sia credibile. Dietro ai tentativi del presidente del Consiglio (Giuseppe) Conte di rincorrere Haftar e di invitarlo, e di fare un po’ la spola tra (il premier del governo di Tripoli, ndr) Sarraj e Haftar, non mi sembra di capire che ci sia stato un vero e proprio progetto o bozza di massima di intesa credibile. L’Italia mi sembra che si ponga sempre in una posizione di reazione agli eventi piuttosto che influenzare gli eventi”. “Si nota il fatto – ha rimarcato – che era stata promessa la riapertura di un consolato italiano a Bengasi, per riappianare i rapporti con Haftar. Questa è stata una delle richieste concrete fatte dal governo dell’Est e Haftar nelle varie visite, e si nota il fatto che questo consolato non è stato aperto”. askanews

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