Onu indaga su forniture di armi ad Haftar dagli Emirati. Williams: “Siamo preoccupati”

Onu indaga su forniture di armi ad Haftar dagli Emirati. Williams: “Siamo preoccupati”
Stephanie Williams
17 aprile 2019

Le Nazioni Unite stanno esaminando le accuse secondo cui gli Emirati Arabi Uniti avrebbero inviato armi in Libia, violando l’embargo internazionale. Se è vero che l’Onu indaga da anni sulle presunte violazioni dell’embargo, il vice capo della missione Onu in Libia, Stephanie Williams, ha detto all’Independent che ora a finire nel mirino delle Nazioni Unite sarebbero le forniture di armi garantite dagli Emirati a Khalifa Haftar dopo che l’uomo forte della Cirenaica ha definito “terrorista” e ha spiccato un mandato di arresto contro il premier del governo di accordo nazionale di Tripoli, Fayez al-Sarraj, riconosciuto dalla Comunità internazionale.

“Stiamo seguendo le notizie di tutti i tipi di armi o di sistemi in arrivo. Abbiamo avuto molte segnalazioni di armi in arrivo – ha detto Williams – siamo estremamente preoccupati per questo. Non abbiamo bisogno di questo genere di escalation. Dobbiamo ridurla”. Il numero due di Ghassan Salamè ha poi precisato che sono in corso accertamenti su un carico arrivato ad Haftar venerdì scorso, così come su altre segnalazioni di armi arrivate alle forze di Sarraj impegnate dal 4 aprile contro l’offensiva lanciata dal generale Haftar sulla capitale.

Leggi anche:
Minacce nucleari russe sono "irresponsabili" ma la Nato è pronta a difendersi

Già lo scorso anno, esperti Onu avevano riferito di prove sulle forniture di armi garantite dagli Emirati ad Haftar e dalla Turchia al governo di Tripoli. Gli Emirati, così come l’Egitto, sostengono da anni Haftar contro il governo di Tripoli, considerato espressione dei Fratelli Musulmani. Secondo un analista, Haftar e i suoi alleati arabi potrebbero aver scelto di lanciare l’offensiva su Tripoli dopo aver registrato un traffico aereo sospetto dalla Turchia alla Libia occidentale, approfittando di una sosta nell’operatività dello scalo turco, il 4 aprile scorso, dovuto al trasloco dal vecchio aeroporto Ataturk di Istanbul al nuovo Istanbul Airport. “I turchi stavano trasferendo parecchio personale e altre cose tra Tripoli e Istanbul – ha detto un analista informato da un funzionario degli Emirati – gli Emirati hanno approfittato della chiusura dell’aeroporto”.

Di fatto, l’offensiva, che nei piani di Haftar sarebbe dovuta durare pochi giorni con la conquista di Tripoli grazie ad alleanze sul campo, come avvenuto a inizio anno nella regione meridionale del Fezzan, ha interrotto un processo di pace in atto da tempo, come ha rimarcato con amarezza Williams: “Un processo di oltre un anno di lavoro per riunire i libici di tutte le diverse parti del Paese, che aveva avuto una risposta eccezionale”. E che mirava anche a ridimensionare presenza e influenza a Tripoli di quelle milizie che Haftar sostiene di voler eliminare e che sono invece state rafforzate proprio dalla sua offensiva: “Una situazione di assedio prolungato o di combattimenti strada per strada a Tripoli sarà rovinosa e avrà ripercussioni non solo sui Paesi più vicini della Libia, ma sul Sud Europa e anche oltre – ha ammonito la numero due Onu in Libia – si tratterà di una profezia che si autoavvera, con la creazione dell’ambiente favorevole all’estremismo”. askanews

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti