Ligabue, mio album essenziale e senza giri di parole

7 marzo 2019

Dieci brani, un titolo di una sola sillaba – “Start” – e la voglia di ritornare all’essenziale dopo il grande e complesso progetto di “Made in Italy”. Luciano Ligabue presenta il suo nuovo disco, il dodicesimo di inediti, che a noi sembra, per citare lo scrittore Gianluigi Ricuperati, “una storia d’amore con la realtà”, accompagnata da un suono di fondo che è al tempo stesso nuovo e profondamente legato allo stile del cantautore. Lo abbiamo incontrato a Milano e gli abbiamo chiesto come sia arrivato a questa essenzialità. “Facendo sempre riferimento agli strumenti con cui ho storicamente fatto suonare le mie canzoni: un basso, una batteria, un paio di chitarre soprattutto – ci ha risposto -. Però sono passati attraverso la sensibilità di un produttore giovane, molto giovane per me, nato l’anno prima che uscisse il mio primo album, per capire la differenza di età, e che secondo me ha restituito al suono un’urgenza”.

Il produttore è Federico Nardelli e la sua mano si sente soprattutto nel modo in cui non appare in modi vistosi, ma interviene restituendo alle canzoni di Ligabue una loro identità profonda, verrebbe da dire ancora più vera. Ma prima di questo passaggio c’è la scrittura e un luogo particolare nel quale sono nati anche i brani di “Start”. “C’è un luogo in cui mi viene più naturale scriverle – ci ha raccontato Luciano – ed è un mio piccolo studiolo dove c’è una chitarra acustica, un laptop e una tastiera e una chitarra elettrica . Io lì scrivo le canzoni come ho sempre fatto: voce e chitarra acustica. E poi magari mi viene voglia di mettere loro addosso un vestito e quindi comincio a computer a mettere una batteria, un basso. Alcuni elementi che indichino una strada a chi poi dovrà produrre le canzoni stesse”.

Nel disco si sente molto il senso del tempo, unito alla consapevolezza dell’unica realtà del presente. Cosa che porta Ligabue a parlarci di una sensazione di speranza diffusa attraverso tutte le canzoni, benché non manchino nei testi parole più problematiche dal punto di vista introspettivo, come “bluff” o “vuoto”. Allora abbiamo chiesto a Ligabue, classe 1960, chi e cosa vede quando si guarda allo specchio da solo. “E’ impossibile non vedere i segni del tempo – ci ha risposto – è impossibile non vedere i capelli grigi, è impossibile non vedere le rughe, però non ho mai visto questa cosa come una forma di disagio. Facendo musica, e soprattutto facendo il genere che faccio io, se vogliamo definirlo rock o come preferite, è più facile sentirsi giovani o magari non maturati abbastanza nel tempo”. Accanto al disco, Ligabue ha anche presentato un nuovo tour negli stadi, che partirà il 14 giugno da Bari e arriverà fino a Roma, il 12 luglio.

Leggi anche:
Colpo di scena nel caso Weinstein: la Corte Suprema revoca condanna all'ex produttore

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti