Lo sguardo di papa Francesco sul rompicapo del concilio pan-ortodosso

Lo sguardo di papa Francesco sul rompicapo del concilio pan-ortodosso
11 giugno 2016
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Papa-Francesco e il Patriarca Kirill

 

di Enzo Marino

La storia e la cronaca si sono intrecciate sin da subito nel “Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa” che – a pochi giorni il condizionale è ancora d’obbligo – dovrebbe svolgersi dal 19 al 27 giugno prossimo nell’isola di Creta. Inizialmente previsto a Istanbul, infatti, l`abbattimento, da parte turca, di un aereo russo, lo scorso 24 novembre, ha rovinato a tal punto i rapporti tra Mosca e Ankara che si è dovuto pensare ad un’altra sede. Per la delegazione russa sarebbe stato impossibile recarsi a Costantinopoli, e le autorità turche non avrebbero più concesso, probabilmente, l’utilizzo della chiesa di Santa Irene. Si terrà dunque a Chania, nell`isola greca di Creta che, ecclesiasticamente, dipende dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il “Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa”, dopo quasi un secolo di discussioni e polemiche interne all’ortodossia (a partire dalla conferenza pan-ortodossa di Rodi del 1961), il primo concilio pan-ortodosso dopo un millennio, se si calcola lo scisma cattolico-ortodosso del 1054, o dopo dodici secoli, se si calcola a partire dall’ultimo sinodo ecumenico, il Nicea II del 787. O melgio: si dovrebbe tenere. Perché a meno di una settimana dall’apertura, non vi è ancora certezza che alla fine la tanto attesa assemblea tra le 14 chiese “autocefale” (ossia autogovernate) dell’ortodossia, in rappresentanza dei 300 milioni di fedeli di tutto il mondo, abbia luogo. I motivi dell’incertezza, ancora una volta, intrecciano storia e cronaca.

Nei giorni scorsi il patriarcato di Antiochia, la Chiese di Bulgaria, e da ultima quella di Serbia hanno annunciato la loro defezione, per “l’insoddisfazione e i rilievi critici di alcune Chiese locali riguardo i vari documenti preparati durante il periodo preconciliare, problemi di relazione e comunione fra Chiese, la mancata volontà di includere nell’ordine del giorno almeno una delle nostre proposte”, come ha scritto il patriarca serbo Ireneo. Le Chiese di Cipro e Albania hanno subito replicato, facendo appello alla conferma del sinodo. Sullo sfondo, si muove il patriarcato di Mosca e di tutte le Russie. Le Chiese di Bulgaria e Serbia sono molto legate al gigante russo. Che infatti non ha tardato a incalzare: dopo la defezione di tre Chiese, “resta difficile continuare a parlare di concilio panortodosso”, ha dichiarato al canale Russia-24 il presidente del Dipartimento per i rapporti fra Chiesa, società e media del patriarcato di Mosca, Vladimir Legoyda. “Sarebbe meglio parlare di conferenza interortodossa”, ha osservato, ribadendo che secondo il regolamento del concilio tutte le decisioni devono essere adottate consensualmente: “Se solo una Chiesa si oppone all’uno o all’altro documento, esso non può essere approvato. E non si può parlare di consenso panortodosso in una situazione in cui ben tre Chiese rifiutano di partecipare”. Per il metropolita Hilarion, ministro degli Esteri del patriarcato russo, “se le questioni sono risolte, significa che il Concilio si terrà, altrimenti sarà meglio rinviarlo”.

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patriarca_bartolomeo_I_2-755x491Le distanze tra Mosca, terza Roma, e Costantinopoli, seconda Roma, sono di prestigio, innanzitutto. Il patriarca con sede a Istanbul ha un primato d’onore nell’ortodossia, è “primus inter pares” tra gli altri patriarchi, mentre il patriarca russo alla guida della più grande comunità ortodossa del mondo, almeno cento milioni di fedeli. Un successo del sinodo di Creta rafforzerebbe il patriarca ecumenico, cosa che Mosca guarda con un certo sospetto. A dividere Bartolomeo (foto) e Kirill, tuttavia, ci sono anche altri motivi, a partire dall’influenza dell’uno o dell’altro patriarcato sulla diaspora ortodossa (non di rado danarosa) in America del nord e in Europa. Le motivazioni, poi, sono politiche. Il russo ha un solidissimo rapporto con il Cremlino, e con Vladimir Putin in particolare, e ne condivide le posizioni in politica interna ed estera, dal contrasto alla legalizzazione delle nozze gay all’insistenza sul “genocidio” dei cristiani in Medio Oriente. A Istanbul, Bartolomeo mantiene, per ovvi motivi, un rapporto distante dal governo di Recep Tayyip Erdogan, ed il suo temperamento riformista e sociale lo porta a insistere su questioni come la cura dell’ambiente, l’ecumenismo, il tema della pace. Con tutti e due Papa Francesco ha stretto rapporti inediti. A Bartolomeo lo lega una affinità che trascolora nell’amicizia. Si sono incontrati frequentemente, anche in Vaticano per pregare per la pace in Medio Oriente con Shimon Peres e Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e nell’isola di Lesbos per testimoniare vicinanza ai profughi e agli immigrati. Con Kirill, per la prima volta nella storia, Francesco ha coronato il sogno, a lungo accarezzato dai suoi predecessori, di un incontro fraterno. Pur di realizzarlo, Jorge Mario Bergoglio ha accettato ogni condizione posta dal patriarca russo, sia il luogo (Cuba), sia il contenuto di una dichiarazione congiunta in realtà piuttosto lontana dalla sensibilità di Francesco.

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Ora Papa Francesco osserva il rompicapo del concilio pan-ortodosso. Ha espresso in passato l’auspicio che il sinodo abbia successo. Ora non parla. Il suo pensiero si può però intuire da alcune voci autorevoli. Se le critiche al concilio “sono oggettive e costruttive, ben vengano”, ha scritto il gesuita Edward G. Farrugia sull’ultimo numero del quindicinale Civiltà Cattolica, stampato con l’imprimatur della Segreteria di Stato, “ma se dietro le critiche si nasconde un atteggiamento di disfattismo, allora si dovrebbero ricordare le parole di Giovanni XXIII, il quale, nel suo discorso inaugurale del Vaticano II, ha voluto opporsi ai ‘profeti di sventure’, e quanto giustamente!”. Il “ministro” della Santa Sede per l’ecumenismo, il cardinale Kurt Koch, ha affidato al sito della CHiesa tedesca Katholisch.de il suo pensiero alla vigilia della partenza come osservatore a Creta: “Spero che le differenze emerse vengano portate a unità. Sarebbe un segno molto pesante se non avesse luogo. Un Concilio serve anche a questo, riunire le opinioni diverse. Sono fiducioso che possa avere luogo”. Papa Francesco, c’è da giurarlo, pregherà per il successo del sinodo pan-ortodosso. Ancor più intensamente quando sorvolerà creta con l’aereo di ritorno dall’Armenia, il prossimo 26 giugno.

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