Lotta di potere, l’ombra di Bashneft su arresto del ministro dell’Economia russo

Lotta di potere, l’ombra di Bashneft su arresto del ministro dell’Economia russo
15 novembre 2016

Accusato di avere intascato due milioni di dollari per dare il suo ok all’acquisizione di una compagnia petrolifera da parte del colosso semi-statale Rosneft, il ministro russo dell’Economia Alexandr Ulyuakev è stato arrestato a Mosca alle 2.30 di questa mattina. Nel giro di poche ore è stata formalizzata l’incriminazione per “estorsione tramite tangenti” e già oggi il ministro è atteso in tribunale. Sessant’anni, alla guida del ministero dell’Economia dal 2013 e fino ad oggi rispettato economista, Ulyukaev è il primo responsabile di un dicastero a finire in manette non solo nell’epoca di Vladimir Putin, ma dal golpe del 1991, che avviò la fine dell’Urss. La stampa russa oggi pullula di indiscrezioni – spesso contraddittorie – su cosa sia accaduto la scorsa notte, su come gli inquirenti abbiano intercettato il malaffare, su cosa rischia davvero l’arrestato, dai 15 anni di carcere a una semplice multa. Novaya Gazeta (il giornale per cui lavorava Anna Politkovskaya) scrive che il ministro non ha toccato direttamente i soldi, ma li ha fatti depositare in una cassetta di sicurezza presso una banca. Komsomolskaya Pravda scrive che il capo dell’Economia era intercettato da oltre un anno e che al momento dell’arresto ha tentato in tutti i modi di telefonare “ai suoi protettori”, ovviamente invano.

La versione ufficiale del temutissimo Comitato d’inchiesta è diversa: Ulyukaev è stato colto in flagrante, mentre riceveva i soldi. L’arresto è avvenuto “grazie ad una tempestiva segnalazione di rappresentanti di Rosneft alle forze dell’ordine, con una dichiarazione su atti illegali del ministro, inoltrata il 14 novembre, riguardo una tangente da due milioni di dollari”, ha dichiarato una portavoce, precisando che la vicenda non mette a repentaglio l’acquisizione di Bashneft. D’altronde il portavoce del Cremlino aveva subito avvisato: “servono importanti prove” per una questione del genere. Sullo sfondo di questo clamoroso sviluppo molti vedono il frutto di una durissima lotta di potere che si sta inasprendo in Russia e che potrebbe mettere in pericolo lo stesso capo del Cremlino. “E’ un potente segnale di stop all’ala liberale” del governo, argomenta il professore dell’Istituto Mgimo Valery Solovyev, “certo, c’è il problema della corruzione, ma oggi la battaglia infuria su come si debba cercare di sviluppare l’economia nazionale, è molto di più di una lotta tra sfere di influenza”.

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Solovyev fa notare che tra i grandi sostenitori di un forte ruolo dello Stato c’è la lobby del petrolio, “ed è molto vicina al presidente”. Parole che rimandano in direttamente alla durissima partita che è stata giocata attorno a Bashneft, sesto produttore di petrolio, di cui Rosneft ha comprato il 50% per l’equivalente di 5,2 miliardi di dollari ad ottobre. Un affare concluso tra molte polemiche e scontri anche alla luce del sole. Ulyukaev, assieme al premier Dmitri Medvedev, si era opposto all’affare e lo stesso Putin si era dichiarato piuttosto perplesso. Poi il capo dello Stato ha ceduto alle richieste dell’alleato di sempre, Igor Sechin, ora capo di Rosneft, e l’acquisizione si è fatta. Adesso al ministro dell’Economia viene contestata una enorme tangente che avrebbe richiesto proprio per dare il via libera al passaggio di Bashneft sotto il controllo della major petrolifera statale. Proprio oggi Rosneft ha presentato l’offerta vincolante di acquisizione del 37,52% delle azioni ordinarie di Bashneft. Il titolo della major petrolifera non ha subito grandi scossoni alla notizia dell’arresto di Ulyukaev, atteso in serata in tribunale. Con ogni probabilità negherà ogni accusa, concordano varie fonti del suo entourage.

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