L’Ue non critica reddito di cittadinanza ma stronca ‘quota 100’

L’Ue non critica reddito di cittadinanza ma stronca ‘quota 100’
21 novembre 2018

Il rapporto pubblicato oggi dalla Commissione europea sul mancato rispetto della regola del debito da parte dell’Italia passa in rassegna sommariamente tutte le misure previste dalla manovra finanziaria del governo, e le giudica in gran parte negativamente. Fra le poche eccezioni risalta il “reddito di cittadinanza”, di cui si prende atto in modo piuttosto asettico, a fronte delle vere e proprie stroncature per ‘Quota 100’, per le misure fiscali per imprese e partite Iva, e per la riduzione delle deduzioni fiscali sui costi per le banche.

Solo la fatturazione elettronica e l’aumento dei finanziamenti per gli investimenti pubblici (con il previsto miglioramento della capacità amministrativa per gestirli) sono visti positivamente, ma con l’aggiunta di due altre valutazioni critiche: la prima riguardo al previsto condono fiscale, e la seconda per il rischio che gli investimenti subiscano ritardi nell’attuazione dei progetti e a causa delle lungaggini burocratiche. “Le due principali misure contenute nel Documento programmatico di bilancio 2019 riveduto – spiega la Commissione – sono il reddito di cittadinanza e la ‘Quota 100’, rispettivamente per quanto riguarda la previdenza sociale e il sistema pensionistico. Il disegno di legge di bilancio comprende soltanto fondi stanziati per tali misure, che saranno elaborate e attuate con leggi distinte. Il documento programmatico di bilancio 2019 riveduto menziona tuttavia i loro aspetti salienti”.

“Il reddito di cittadinanza è un regime di reddito minimo che, secondo i piani del governo, mirerebbe a garantire un reddito mensile di 780 euro, corrispondente alla soglia di povertà relativa. Tuttavia – osserva la Commissione – restano ancora da stabilire l’importo esatto dell’assegno e le condizioni di accesso, che verranno fissati per legge in una fase successiva. Il fondo iscritto a bilancio ammonta a 9 miliardi di euro all’anno a partire dal 2019, di cui 1 miliardo è destinato al rafforzamento dei centri per l’impiego. Poiché il fondo assorbirà circa 2 miliardi di euro di risorse precedentemente assegnate al piano di lotta alla povertà (‘Reddito di inclusione’), l’impatto netto sulla spesa pubblica – constata la Commissione – è pari allo 0,4% del Pil”.

La modifica della riforma Fornero con l’introduzione di ‘Quota 100’ è stigmatizzata senza mezzi termini come “una marcia indietro rispetto alle riforme”, con “impatto negativo sulla fornitura di manodopera”, che potrebbe “ostacolare la crescita potenziale”. La Commissione passa poi a valutare il rafforzamento della fatturazione elettronica, apprezzando il fatto che “ci si attende contribuisca a ridurre l’ammanco di gettito Iva, in quanto fornirà all’Agenzia delle entrate informazioni più tempestive e accurate che le consentiranno di svolgere ispezioni mirate, con effetti deterrenti sui contribuenti”. “Si prevede tuttavia – obietta la Commissione – che le nuove possibilità offerte ai contribuenti di estinguere i debiti fiscali pregressi o di dichiarare il reddito precedentemente omesso, beneficiando di condizioni vantaggiose producano un effetto opposto, premiando implicitamente i comportamenti evasivi”.

Quanto ai cambiamenti previsti nei regimi fiscali per i lavoratori autonomi e le imprese, “volti a far sì che gli incentivi fiscali siano maggiormente finalizzati alla crescita economica”, vi sono “dei rischi, dal momento che alcune delle misure abrogate si sono rivelate efficaci nel sostenere gli investimenti e la capitalizzazione delle imprese”. Ad esempio, “la cancellazione del regime fiscale favorevole sugli utili reinvestiti, nel quadro dell’Ace (‘allowance for corporate equity’, o deduzioni per il capitale societario, ndr), ampiamente utilizzato dalle imprese, potrebbe peggiorare la tendenza a favorire il debito nella tassazione delle imprese, riducendo potenzialmente gli incentivi a ricorrere a forme alternative di finanziamento diverse dai prestiti bancari”.

Nel contempo, osserva ancora la Commissione, “le aliquote ridotte dell’imposta sulle società per le imprese che assumono o investono, pur incentivando maggiormente la crescita economica, potrebbero rivelarsi complesse da attuare nella pratica e aumentare gli obblighi di dichiarazione per le imprese. Inoltre, nel complesso il pacchetto di riforme aumenta la pressione fiscale sulle imprese nel 2019, avendo solo un impatto sostanzialmente neutro nel 2020”. C’è poi la questione del credito. “Le misure che implicano una minore deducibilità fiscale dei costi, aumentando implicitamente la pressione fiscale sulle banche – argomenta la Commissione -, potrebbero incidere negativamente sull’offerta di credito, acuendo così il possibile impatto negativo dei maggiori rendimenti dei titoli di Stato e dei costi di finanziamento delle banche”.

Infine, se è vero che “l’aumento dei fondi e della capacità amministrativa per gli investimenti pubblici dovrebbe sostenere la crescita economica”, tuttavia “il suo impatto rischia di essere ritardato a causa di lentezze nell’attuazione e di lungaggini burocratiche”. Insomma, l’Esecutivo comunitario valuta che “nel complesso la composizione del Documento programmatico di bilancio 2019 riveduto non sembra in grado di aumentare la crescita potenziale, dal momento che fa marcia indietro rispetto alle riforme strutturali attuate in passato, rischia di scoraggiare il rispetto degli obblighi fiscali, aumenta la pressione fiscale sulle imprese a livello aggregato e potrebbe ridurre l’offerta di credito – conclude la Commissione – a causa di condizioni di finanziamento più sfavorevoli per le banche dovute ai maggiori rendimenti del debito sovrano”. askanews

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