L’ultimo Mamet all’Eliseo: “Il penitente”, lotta alle fake news

8 novembre 2017

Calda calda dagli Stati Uniti dove è andata in scena solo nel marzo scorso, arriva all’Eliseo l’ultima pièce di David Mamet, drammaturgo, sceneggiatore e regista, portata dall’entusiasmo di Luca Barbareschi direttore del teatro che l’ha anche tradotta: un’opera d’amore. “Sono cento ottanta pagine, ci lavoro ogni giorno!” spiega Barbareschi: “Charles è un uomo, un professionista”. Charles è uno psichiatra rinomato, invischiato nella vicenda di un giovane ex paziente che ha commesso una strage e che ora lo accusa di omofobia. I giornali ci vanno a nozze, travisano, e Charles nonostante le pressioni non vuole testimoniare a favore del ragazzo. Ufficialmente per rispettare il segreto professionale, ma la verità si scopre solo alla fine. Per Barbareschi, un testo cruciale sul cinismo contemporaneo dei media: “La stampa deve avere una responsabilità etica, non può andare a casa gratis. I giudici devono avere una responsabilità etica.”

La pièce è strutturata in una serie di scene a due, confronti fra Charles e il mondo che lo tormenta. Lunetta Savino è Kate, la moglie: “Si capisce dalle primissime battute che è in grande conflitto col marito” dice. “Si capisce che lei è una donna che ha vissuto tutta la vita all’ombra di questo marito o almeno questo è il film che mi sono fatta per interpretarla. La scoperta della verità per Kate sarà dolorosissima, la allontanerà ancora di più dal marito. Lui è un uomo che si ritira sempre di più e si appoggia sempre di più alla religione, al suo ebraismo”. E proprio questo aspetto ha attirato Barbareschi, insieme alla passione per Mamet e al desiderio di continuare a portare nel suo Eliseo il teatro contemporaneo: “Questo testo per me è il più catartico della mia carriera. Ogni volta che dico queste parole vedo molte delle difficoltà che ho avuto nella mia vita” spiega. “Quello che accade in questo spettacolo è una metafora di quello che è accaduto all’Eliseo, di quanta imbecellità ci sia di fronte alla bellezza, di come si preferisca denigrare piuttosto che partecipare a un’avventura. C’è tanto e io lo porterò in giro molti anni, perché è una liturgia importante.”

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