Macron perde terreno e striglia i suoi: serve cambiamento, basta “pipì di gatto”

Macron perde terreno e striglia i suoi: serve cambiamento, basta “pipì di gatto”
Il presidente francese Emmanuel Macron
31 luglio 2017

Di fronte alle critiche, al malcontento che già serpeggia e ai primi sondaggi che lo avvertono di un brusco calo di popolarità, Emmanuel Macron chiede ai suoi ministri un vero cambio di passo. “Se continuate così, in dieci mesi sarete scomparsi”, ha avvertito il presidente francese nel suo intervento al Consiglio dei ministri del 12 luglio. Un monito accompagnato da un’immagine eloquente: “Da certi vostri rapporti mi arriva un puzzo di pipì di gatto”, ha detto il capo dello Stato, convinto che coltivare i propri giardinetti sarebbe l’errore più grave, fatale, alla nuova amministrazione. La via da seguire è invece quella di iniziare a ad ascoltare e promuovere veri cambiamenti. Il retroscena apre il sito di Le Figaro, secondo cui Macron ha tracciato le priorità assolute per evitare che il calo di popolarità si trasformi in tempi brevissimi in sfiducia che porta al fallimento. “Non lasciatevi richiudere nella comodità dei documenti redatti dalle vostre amministrazioni – ha detto il giovane presidente – vedrete, se continuate, nel giro di 10 mesi sarete scomparsi”. La bestia nera che preoccupa l’inquilino dell’Eliseo è la tecnocrazia, spiega il quotidiano. I rinvii, gli indugi, l’incapacità in fin dei conti di prendere il largo nelle acque di un’esperienza governativa partita sotto il segno del rinnovamento e del superamento degli schemi di partito. “Non c’è strategia – si arrabbia Macron con i suoi – tutti i cambiamenti progettati sono rinviati all’autunno”.

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Un rilevamento dell’Istituto Harris Interactive ha fatto scattare l’allarme rosso: il presidente ha perso otto punti di popolarità a luglio. Così Macron ha deciso di agire. Per prima cosa ha convocato i suoi più stretti collaboratori, il cerchio magico composto da Richard Ferrand (capogruppo LREM), il portavoce governativo Christophe Castaner, il segretario di Stato Julien Denormandie e pochissimi altri lo scorso 26 luglio all’Eliseo. E li ha richiamati su alcuni punti chiave, a suo avviso, per evitare il precoce tracollo. Primo, il funzionamento di La République en marche (LREM), con i suoi 370mila membri che, dice Macron, dopo le elezioni sono stati lasciati soli, “allo stato brado”. Ai suoi ministri il presidente chiede di fungere da “collegamento di opinione” con una base poco strutturata. Ieri, tra l’altro, si è chiusa la consultazione via internet sullo statuto che dovrà adottare il movimento, non senza contestazioni e addirittura un ricorso in giustizia da parte di alcuni collettivi. Ma la preoccupazione del presidente si concentra sull’Assemblea nazionale, dove le debolezze della République en marche sono più evidenti. Via, dunque, i responsabili che non si dimostrano all’altezza, ha tuonato Macron. Il presidente punta molto all’introduzione di una “nuova cultura da parte dell’amministrazione” e in questo senso la legge sul “diritto all’errore” è a suo avviso centrale: in sostanza si tratta di riconoscere per legge la buona fede del cittadino e di limitare le sanzioni automatiche. Ma il testo elaborato per Macron non va bene, non ha nerbo, ed è stato quindi sospeso per un paio di altri mesi di lavoro. Anche la comunicazione deve cambiare, ha chiesto il capo dello Stato francese, che dopo la fase iniziale dominata dai “simboli” ora vuole che si lavori più alle “spiegazioni”. In generale, l’ordine di Macron è di “tenere uno sguardo critico su cosa facciamo”. E ricordare che “se qualcosa non va, niente è scolpito nel marmo”.

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