Madre va al lavoro e dimenticata figlia in auto, bimba muore a 18 mesi

Madre va al lavoro e dimenticata figlia in auto, bimba muore a 18 mesi
7 giugno 2017

È stata la proprio la madre, che l’aveva lasciata in automobile, a trovarla senza vita. È morta così, ad appena 18 mesi, una piccola “dimenticata” in piazza Vittorio Emanuele a Castelfranco di Sopra, in provincia di Arezzo. Le disperate urla e le richieste di auto della madre si sono fatte sentire intorno alle 14. I soccorsi si sono attivati subito, ma nemmeno il defibrillatore, presente in piazza, ha potuto nulla. Sul posto era arrivato anche l’elisoccorso regionale Pegaso. Adesso indagano i carabinieri e la Procura di Arezzo. A quanto pare, da una prima ricostruzione, la donna, 38 anni, che lavora in segreteria al Comune di Castelfranco Piandiscò e di Terranuova Bracciolini, ha lasciato la bambina in automobile, invece che all’asilo nido, alle 9 di mattina. All’uscita da lavoro, la donna, da quanto avrebbe raccontato, mai avrebbe immaginato di trovare la bimba morta sul sedile dell’automobile parcheggiata.

LA PSICOLOGA “Lo stress puo’ portare una madre a dimenticare la figlioletta in macchina”. Lo afferma la Presidente Eurodap, Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico, Paola Vinciguerra, anche docente all’Universita’ Ludes di Lugano. “Lo stress e’ una condizione che, se non accompagnata da momenti di defatigamento, produce un’alterazione chimica in tutto il nostro corpo creando stati di depressione, ansia e anche malattie fisiche. La donna che ha dimenticato la sua bambina in macchina – afferma l’esperta – ha registrato nella sua mente il fatto di aver portato la figlia a scuola come qualcosa di accaduto, anche se in realta’ non ha mai eseguito quell’azione. Il tutto avviene in una falsa percezione di azioni compiute perche’ preventivate; poi il cervello, in uno stato di stress, si sposta sull’azione immediatamente da compiere dopo. Ecco allora che possono verificarsi cose terribili e inaccettabili”. “Sono fonti di stress cambiamenti importanti della propria vita che richiedono una reazione in breve tempo (come potrebbe essere un lutto), ma anche piccoli e grandi ostacoli quotidiani cioe’ quegli avvenimenti di tutti i giorni che necessitano di piccoli adattamenti o reazioni – prosegue Vinciguerra -. Senza dimenticare quelle situazioni ripetitive che obbligano a cambiamenti prolungati nel tempo come, attualmente, la crisi economica, la precarieta’ lavorativa: situazioni che vengono vissute come una minaccia diretta, anche quando non lo sono, e che costringendo a vivere in stato di tensione continua. Colpa anche del vivere frenetico e compulsivo, governato oggi dal continuo ricorso alla tecnologia. Si fanno piu’ cose contemporaneamente, si perde il contatto con la realta’, non si ascoltano ne’ l’ambiente circostante ne’ se stessi e le emozioni che si provano – conclude la psicoterapeuta -. Viviamo una sorta di social jet-lag, cioe’ c’e’ distanza tra il nostro ritmo di vita e quello che la nostra fisiologia richiederebbe. Il nostro cervello, infatti, e’ una macchina piu’ lenta di quello che pensiamo, come e’ lento il ragionamento che ci permette di comprendere e metabolizzare gli eventi, consentendoci di neutralizzarli e proteggendoci dallo stress”.

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