Mafia Capitale, anche Napolitano in campo: “La corruzione va colpita”

Mafia Capitale, anche Napolitano in campo: “La corruzione va colpita”
11 dicembre 2014

di Giuseppe Novelli

Da un lato l’antipolitica quale “patologia eversiva” del vivere comune, dall’altro – e in un certo senso come fonte e riflesso della prima – il “decadimento della politica”, che senza una condivisione piena dei valori più alti dell’Italia repubblicana cade nel malaffare e si culla in inaccettabili giochi di affarismo e corruzione. Giorgio Napolitano guarda a Roma mentre partecipa, all’Accademia dei Lincei, al convegno “Crisi di valori da superare e speranze da coltivare per l’Italia e l’Europa di domani”. Parla proprio del decadimento dei valori civili, tiene un discorso vibrante e appassionato, il Capo dello Stato, che più di una volta si commuove e trattiene a stento le lacrime. Si sofferma sulle cronache degli ultimi giorni per ricordare che “non deve mai apparire dubbia la volontà di prevenire e colpire infiltrazioni criminali e pratiche corruttive nella vita politica e amministrativa che si riproducono attraverso i più diversi canali, come in questo momento è emerso dai clamorosi accertamenti della magistratura nella stessa capitale”.

Il Presidente della Repubblica richiama chi è agisce nella gestione della cosa pubblica alla necessità di un profondo senso etico: “La moralità di chi fa politica poggia sull’adesione profonda, non superficiale, a valori e fini alla cui affermazione concorre col pensiero e con l’azione. Altrimenti l’esercizio di funzioni politiche può franare nella routine burocratica, nel carrierismo personale, nella ricerca di soluzioni spicciole per i problemi della comunità, se non nella più miserevole compravendita di favori, nella scia di veri e propri circoli di torbido affarismo e sistematica corruzione”.

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Un sistema politico e amministrativo corrotto genera distacco e disaffezione da parte della cittadinanza; e richiede un rimedio condiviso: “Dare nuova vita e capacità diffusiva a quei valori richiede oggi e nel prossimo futuro una larga mobilitazione collettiva volta a demistificare e mettere in crisi le posizioni distruttive ed eversive dell’antipolitica, ed insieme, si intende, a sollecitare una azione sistematica di riforma delle istituzioni e delle regole che definiscono il ruolo ed il profilo della politica”.

L’antipolitica, dice Giorgio Napolitano, è “la più grave delle patologie” con cui un Paese civile deve fare i conti. Negli ultimi tempi, nei confronti della politica e delle istituzioni, sono “dilagate analisi unilaterali, tendenziose, chiuse ad ogni riconoscimento di correzioni e di scelte apprezzabili, per quanto parziali o non pienamente soddisfacenti”. Una azione, sottolinea il capo dello Stato, cui non si sono sottratti “infiniti canali di comunicazione, a cominciare da giornali tradizionalmente paludati, opinion makers lanciati senza scrupoli a cavalcare l’onda, per impetuosa e fangosa che si stesse facendo, e anche, per demagogia e opportunismo, soggetti politici pur provenienti della tradizioni del primo cinquantennio della vita repubblicana”. “Così la critica della politica e dei partiti, preziosa e feconda nel suo rigore, purché non priva di obiettività, senso della misura, capacità di distinguere ed esprimere giudizi differenziati, è degenerata in antipolitica. E urgente si è fatta la necessità di reagirvi, denunciandone le faziosità, i luoghi comuni, le distorsioni”.

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Napolitano si rivolge direttamente agli eletti in carica. Dice che “nel biennio appena trascorso c’è stata la comparsa di metodi e di atti concreti di minacce con il rifiuto del riconoscimento delle istituzioni e con l’impedimento” dell’attività parlamentare in entrambe le Camere. “Pur essendosi registrati già in periodi precedenti casi gravi di strappi alle regole e al clima abituale nelle aule parlamentari, mai era accaduto quel che si è verificato nel biennio ormai alle nostre spalle, quando hanno fatto la loro comparsa in Parlamento metodi ed atti concreti di intimidazione fisica, minaccia, di rifiuto di ogni regola ed autorità, ed in sostanza tentativi sistematici ed esercizi continui di stravolgimento ed impedimento della vita politica e legislativa”. Il presidente della Repubblica si appella a tal proposito soprattutto ai “giovani parlamentari”, a cui chiede di impegnarsi per impedire “l’avvitarsi di cieche spirali di contrapposizione faziosa e talora persino violenta”.

Il rischio della degenerazione è concreto: “Esistono, magari al di fuori di ogni etichettatura di sinistra o di destra, gruppi politici o movimenti poco propensi a comportamenti pienamente pacifici. Esiste un rischio nel nostro Paese di focolai di violenza destabilizzante, eversiva, che non possiamo sottovalutare, evitando allo stesso tempo l’errore di assimilare a quel rischio tutte le pulsioni di malessere sociale, di senso dell’ingiustizia, di rivolta morale, di ansia di cambiamento con cui le forze politiche e di governo in Italia debbono fare i conti”.

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