Stato-mafia, Pomicino: rimozione Scotti solo questione politica

20 aprile 2017

“Vincenzo Scotti voleva fare il ministro degli Interni solo godendo dell’immunità parlamentare. Per questa ragione nel giugno 1992, quando fu formato il governo Amato a lui fu proposto il ministero degli Esteri. E a Nicola Mancino il posto di ministero agli Interni”. Parola di Paolo Cirino Pomicino, uno dei plenipotenziari della vecchia Democrazia cristiana, che in videoconferenza ha deposto come teste al processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Pomicino nella sua deposizione ha ricostruito le vicende politiche – e di governo – di un periodo caldo per l’Italia, a cavallo tra maggio e luglio 1992. Arco di tempo durante la quale ci furono l’elezione del presidente della Repubblica – Oscar Luigi Scalfaro – la strage di Capaci, la composizione del governo Amato con l’avvicendamento tra Luigi Scotti e, appunto Nicola Mancino al dicastero degli Interni. Secondo l’accusa la rimozione di Scotti è da ricondurre – in un ragionamento più ampio – alla trattativa tra pezzi dello Stato e la mafia.

Mentre oggi Pomicino ha detto che “la decisione di introdurre una incompatibilità tra la carica di ministro e quella di parlamentare fu adottata, nel corso di una riunione riservata nello studio di Antonio Gava, prima della formazione del governo Amato. Erano presenti anche Giulio Andreotti e Forlani. Io manifestai la mia contrarietà”. Pomicino oggi ha detto che tutto questo lui lo ha anche scritto con lo pseudonimo di Geronimo e nessuno lo ha mai contraddetto. Secondo Pomicino – insomma – Scotti non voleva dimettersi “assolutamente da parlamentare. Questa regola ‘nuova’ oppure desueta non la comprendeva. In quel periodo, nella logiche delle correnti di allora, alla Democrazia cristiana toccavano quattro ministeri “politici” quali Interni, Giustizia, Esteri e Economia. E sicuramente Mancino doveva fare il ministro”. Paolo Cirino Pomicino svela anche che aveva “suggerito” a Scotti di accettare il posto agli Esteri e di presentare le dimissioni da deputato al presidente del consiglio (Giuliano Amato) che le avrebbe sicuramente rigettate. Poi la questione della “incompatibilità” sarebbe stata discussa in seno alla direzione nazionale della Dc. Di fatto, pero’, Scotti lascia la Farnesina il 30 luglio 1992. L’udienza e’ stata rinviata al 28 aprile. Solo in quella data – su sollecitazione del presidente della Corte d’assise, Alfredo Montalto – la difesa di Mancino scioglierà la riserva sulla scelta di “ascoltare” come teste l’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che, all’epoca, era vice segretario della Democrazia cristiana e partecipo’ alle riunioni politiche per la formazione del governo.

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