Malagestione Ior, Cipriani e Tulli condannati

Malagestione Ior, Cipriani e Tulli condannati
6 febbraio 2018

L’ex direttore generale dello Ior, Paolo Cipriani, e l’allora suo vice Massimo Tulli, dimessisi nel luglio 2013, sono stati condannati in sede civile dal tribunale vaticano per danni pari a circa 47 milioni di euro per “mala gestione” dell’Istituto Opere di Religione, in particolare in relazione a determinati investimenti. Bisognera’ attendere ora le motivazioni della sentenza, il cui deposito e’ previsto tra circa un mese. E’ quanto si apprende da fonti Oltretevere. Da parte sua lo Ior, in un comunicato diffuso dalla sala stampa della Santa Sede, ha detto che “con decisione pubblicata quest’oggi, il Tribunale Civile dello Stato della Citta’ del Vaticano ha riconosciuto due ex Dirigenti di lungo corso dello Ior responsabili di mala gestione”. Senza citare direttamente Cipriani e Tulli, il comunicato ha spiegato che “la Corte ha ordinato loro di risarcire lo Ior dei danni emersi”, che non vengono quantificati nella nota. “La decisione della Corte – spiega la “banca” vaticana – e’ il risultato della causa civile avviata dallo Ior nel settembre 2014 attraverso un’approfondita ispezione degli investimenti finanziari intrapresi dall’Istituto nella prima meta’ del 2013. Tale decisione e’ un passo importante che dimostra il significativo sforzo del management dello Ior negli ultimi 4 anni per trasformare l’Istituto. Dimostra il costante impegno dello Ior verso una governance forte, verso la trasparenza della propria operativita’ e la determinazione nel soddisfare i migliori standard internazionali. Conferma infine la volonta’ dello Ior di perseguire attraverso procedimenti giudiziari qualsiasi cattiva condotta intrapresa a suo danno, non importa dove e da parte di chi”, conclude lo Ior.

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Il processo in Vaticano contro gli ex vertici dello Ior era noto, in effetti, da qualche mese: la causa civile era trapelata in occasione dell’avviso di una azione legale che lo Ior aveva intrapreso a Malta per rientrare di perdite finanziarie causate da un investimento di inizio 2013. Gia’ ad ottobre 2017 si era ipotizzato che la vicenda maltese rientrasse nei capi d’accusa del processo riguardante Cipriani e Tulli. Anche se al momento non e’ dato da sapere a quali investimenti si riferisca la sentenza odierna, non e’ da escludere un legame, almeno in parte, proprio con la vicenda maltese. Ad ottobre 2017, il portavoce della Santa Sede, Greg Burke, aveva spiegato che al centro dell’azione legale del Vaticano davanti alle autorita’ maltesi c’era “un’operazione risalente all’inizio del 2013 il cui investimento iniziale ammontava a 17 milioni, anche se i danni effettivamente subiti dovranno essere quantificati dalla Corte di Malta”. Il 23 febbraio 2017, Cipriani e Tulli hanno avuto un’altra condanna, questa volta in Italia e da parte del tribunale di Roma, a quattro mesi e 10 giorni ciascuno per violazione dell’antiriciclaggio. La vicenda processuale era quella scaturita dal sequestro di 23 milioni di euro nel 2010 ritenuti dalla procura legati a due operazioni sospette: la richiesta al Credito Artigiano di trasferimento di 20 milioni alla tedesca J.P. Morgan Frankfurt e di 3 milioni alla Banca del Fucino. Operazioni, per l’accusa italiana, sollecitate senza fornire i dovuti chiarimenti agli istituti interpellati dalla banca della Santa Sede. Ma per quei due episodi, i piu’ importanti esaminati dagli inquirenti di piazzale Clodio, Cipriani e Tulli erano stati assolti perche’ il fatto non sussiste. I 23 milioni furono successivamente dissequestrati. La condanna in Italia ai due ex dirigenti era stata invece inflitta per altre tre operazioni di trasferimento di minore importo (48 mila, 100 mila e 120 mila euro) avviate con la J.P.Morgan senza le dovute comunicazioni. 

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