Manovre militari: Cina, Russia e Giappone mostrano i muscoli. E intanto gli Stati Uniti si muovono sotto traccia

Manovre militari: Cina, Russia e Giappone mostrano i muscoli. E intanto gli Stati Uniti si muovono sotto traccia
17 settembre 2018

Nonostante il dialogo aperto in Corea del Nord, che in realtà non ha ancora portato a concreti risultati, le tensioni in Asia orientale non si sono affatto ammorbidite. C’è un confronto sottotraccia tra potenze consolidate, come la Russia; potenze sempre più assertive, come la Cina; e attori regionali che si vedono costretti a incrementare la loro capacità militare, come il Giappone. A rendere lo scenario più dinamico e imprevedibile sono i piani militari degli Stati uniti, che sotto la presidenza di Donald Trump ondeggiano tra un’aggressività verbale mai così colorita a una volontà spesso espressa di smobilitare.

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In un alternarsi di speranze e paure in quei Paesi che potrebbero vedere in un ritiro americano una grande opportunità egemonica o un incubo geopolitico. A rendere palese questa tensione è l’alternarsi di manovre militari, anche di grande portata, che si stanno susseguendo nei mari affollati della regione. L’estremo Nord, il mar del Giappone, il mar Cinese meridionale sono affollati di navi da battenti le più diverse bandiere.

La manifestazione più muscolare l’ha messa in scena la Russia. Con le sue manovre Vostok 2018 (Est 2018), Mosca ha mobilitato 300.000 soldati, 1.000 aerei ed elicotteri e 35.000 veicoli da combattimento terrestri. Tra le manovre messe in campo, uno sbarco anfibio a Klerk, sul mar del Giappone. Tokyo e Mosca non hanno mai firmato un trattato di pace e hanno in piedi un contenzioso territoriale sulle isole Curili meridionali. A Vostok 2018 ha preso parte anche la Cina, che però non si è limitata a questo.

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Nello scorso anno, Pechino ha preso parte a 20 esercitazioni bilaterali o multilaterali, oltre ad aver condotto una quantità innumerevole di esercitazioni. Come quelle navali e aeree effettuate a giugno davanti a Taiwan, altro hotspot delle tensioni regionali reso ancora più caldo dalle ondivaghe dichiarazioni di Trump in relazione alla cosiddetta politica dell'”Unica Cina”. Ad aprile, inoltre, Pechino ha condotto nel mar Cinese meridionale le più grandi esercitazioni navali della sua storia.

Vi hanno preso parte 48 navi da guerra, 76 aeroplani e 10mila marinai. Questo per un Paese che sempre più si mostra assertiva proprio sul mare e ha importanti pretese territoriali sul mar Cinese meridionale. Pechino infatti rivendica come suo l’80 per cento di questo cruciale specchio d’acqua, dal quale passa qualcosa come un terzo delle merci mondiali che vengono trasportate su nave, per un valore di qualcosa come 5mila miliardi di dollari all’anno.

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E, a rafforzare questa pretesa, Pechino ha anche costruito delle isole artificiali che rappresentano sue teste di ponte militari nell’area. Pechino inoltre è anche impegnata sul fronte dell’Asia meridionale. Ha tirato dalla sua parte il Nepal, paese storicamente vicino a Nuova Delhi, che da oggi e per 10 giorni prende parte a esercitazioni militari a Chengdu, nello Sichuan.I soldati nepalesi saranno solo 16, ma il peso simbolico della loro presenza è notevole. Il Giappone, dal canto suo, non sta a guardare.

Il governo di Shinzo Abe, che ha allentato negli scorsi anni una serie di vincoli che ingabbiavano le Forze di autodifesa e sta cercando di emendare la Costituzione facendo riconoscere il ruolo dei corpi militari nipponici, proprio oggi ha condotto le sue prime esercitazioni sottomarine proprio nel mar Cinese meridionale, con una mossa che va a pestare i piedi a Pechino. Il sottomarino Kuroshio si è unito a tre navi da guerra nelle acque vicine a quelle della secca di Scarborough, un’area controllata da Pechino, secondo quanto ha riferito il quotidiano Asahi shimbun, effettuando essercitazioni “pratiche”. Tokyo ha chiarito di aver rispettato tutte le norme internazionali, avendo manovrato in acque neutrali. Un’affermazione che, certamente, Pechino non avallerà. askanews

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