Matteo Renzi, il caterpillar che guarda a Macron

Matteo Renzi, il caterpillar che guarda a Macron
L'ex segretario del Pd, Matteo Renzi
2 maggio 2018

Ha rottamato tutti, finanche lo stesso Pd. L’ultima picconata sul Nazareno, Matteo Renzi, l’ha data attraverso i satelliti televisivi. Già i primi pezzi si cominciano a raccogliere. Il reggente Maurizio Martina, non regge più. “E’ impossibile guidare un partito in queste condizioni”, scoppia l’ex ministro pronto a gettare la spugna. Scenario bellico che fa assaporare l’aria che si respirerà in sede di assemblea, per non parlare in quella congressuale. Di questo passo, un’ennesima scissione appare quasi scontata. E c’è già chi rievoca il partito della Nazione 2.0, ricalcando il movimento En Marche di Emmanuel Macron, e con il quale Renzi sembra puntare sulle elezioni anticipate. Altro che fare un governo con tutti dentro per riscrivere le regole democratiche: doppio turno e una riforma costituzionale sul modello francese. Proposta lanciata dallo stesso ex premier ma subito rispedita al mittente da Luigi Di Maio. “Il ballottaggio sono le prossime elezioni”, replica il capo politico pentastellato, invocando il ritorno alle urne già a giugno.

Una boutade a cinque stelle. Renzi è un caterpillar, tira dritto senza guardare indietro: “Sono stato eletto in un collegio. Ho il dovere, non solo il diritto, di illustrare le mie scelte agli elettori”. In sostanza, è in scena “una discussione lunare”. Il partito esplode, inevitabile. Sbotta Gianni Cuperlo, sferrando il primo gancio all’ex segretario: “Se ti dimetti, ti dimetti”. Come dire, non continuare a comandare prendendoci in giro. “Un partito non discute della sua linea in una trasmissione – tuona Cuperlo – ma convoca i suoi organi”. La Direzione è stata convocata per giovedì alle 15, ma Renzi l’ha già “bruciata”: non ci sarà più niente da discutere sull’eventuale apertura a un dialogo con i Cinquestelle, per dar vita a un governo. N’è consapevole lo stesso Cuperlo che, “a questo punto la Direzione del Pd, dovrebbe cambiare l’ordine del giorno”. Più che ordine del giorno, il problema è nello stesso organismo di partito dove è in scena tutti contro tutti.

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