Milazzo, dagli agrumeti alla raffinenia. E c’era chi voleva l’aeroporto

20 febbraio 2014

Dove sorge la Raffineria di Milazzo una volta c’erano campi di gelsomini e agrumeti. Poi nel 1955 si aprì un dibattito per capire se realizzare in quell’area un aeroporto o la raffineria. Si scelse la via industriale, penalizzando il turismo, vocazione naturale della zona. Francesco D’Amico, ambientalista, vive a Milazzo, ricorda che proprio il suo bisnonno nel 1955 era sindaco della città del Messinese, e propose la realizzazione di un aeroporto. “Se fosse riuscito a portare avanti quell’idea – dice – oggi saremmo una zona sviluppata e senza inquinamento”. Inizialmente, tra la gente non c’era la consapevolezza dei rischi dell’inquinamento industriale, solo negli ultimi vent’anni se n’è resa conto. E per molti sulla propria pelle. I due fronti sono sempre in guerra: la raffineria da un lato, cittadini e ambientalisti dall’altro. Per replicare alle tante accuse della popolazione, ultimamente l’impresa ha pubblicato sul proprio sito il bilancio di sostenibilità dell’anno 2012, spiegando di aver speso per la tutela dell’ambiente, oltre 93 milioni di euro e di essere pronta a proseguire su questa direzione. Tuttavia, le cifre del rapporto non sembrano coincidere con quanto accertato dal Ctr (Comitato tecnico regionale di controllo) attraverso la delibera n.19. E così in sede di valutazione del rapporto presentato dalla Raffineria di Milazzo, il Ctr ha espresso parere negativo sull’analisi di rischio.

E così la Raffineria è stata diffidata ai sensi dell’art. 27, comma 4, del D.Lgs. n. 334/99 ad adottare le necessarie misure, dandogli un termine non superiore a sessanta giorni, prorogabile in caso di giustificati, motivi. In caso di mancata ottemperanza sarà ordinata la sospensione dell’attività per il tempo necessario all’adeguamento degli impianti alle prescrizioni indicate e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi. Ove il gestore, anche dopo il periodo di sospensione, continui a non adeguarsi alle prescrizioni indicate, l’autorità preposta al controllo ordinerà la chiusura dello stabilimento o di un singolo impianto o di una parte di esso”.

Sempre il Ctr nel 2012 aveva già evidenziato all’impresa carenze in caso di sisma, alluvioni e non adeguati standard per la salvaguardia del sottosuolo e per i servizi antincendio e aveva, tra l’altro, bocciato la sicurezza del nuovo impianto ad idrogeno. In questo scenario gli ambientalisti hanno un bel da fare. Senza tregua. Per Giuseppe Marano, ambientalista, “il problema delle emissioni fuggitive di gas esaspera 200 mila persone della Valle del Mela e che sono pronte a protestare davanti al palazzo della Regione a Palermo e andare a Roma e Bruxelles”. In buona sostanza, “non pretendiamo la chiusura dell’azienda, ma i nostri figli  non devono più essere costretti a chiudersi in casa”.

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