Modella rapita e messa all’asta on line per 300mila euro, arresto un polacco. “Ha drogato la vittima”

5 agosto 2017

“Abbiamo tanti elementi per cui possiamo dire con estrema ragionevole certezza che si è realizzato un vero sequestro di persona”. Il sostituto procuratore della Dda di Milano, Paolo Storari sgombra il campo da eventuali dubbi: quello che è avvenuto a Milano la mattina dell’11 luglio è stato un vero e proprio rapimento ai danni di una modella inglese di 20 anni, fatta arrivare in città con la scusa di un servizio fotografico. Per questo in carcere è finito Herba Lukasz Pawel, un trentenne polacco, incensurato con un lavoro saltuario e residente in Gran Bretagna, accusato di rapimento di persona a scopo estorsivo. La mattina dell’11 luglio la modella si era presentata in un locale preso appositamente in affitto dal polacco in via Bianconi al civico 7, periferia sud di Milano, per un servizio fotografico. Lì era stata aggredita da due persone, immobilizzata e drogata. A quel punto, ammanettata mani e piedi e con dello scotch sulla bocca, è stata rinchiusa in un borsone da viaggio e caricata nel bagagliaio di una macchina, direzione Lemie, frazione di Borgial, sui monti torinesi verso la Francia. Il sequestratore aveva scelto un anonimo casolare nella valle, raggiunto dopo un viaggio di circa 3 ore, lungo strade provinciali per evitare di essere intercettato in qualche modo. Lì ha tenuto la donna, ammanettata, per sei giorni, prima di decidere di consegnarla a Milano al Consolato inglese. Intanto, durante la prigionia, l’uomo con account criptati mandava mail dal deep web all’agente della modella chiedendo un riscatto iniziale di 300mila sterline per evitare di mettere all’asta on line la ragazza.

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Le mail, che rivendicavano l’appartenenza dell’uomo al gruppo “black death”, riportavano la data entro cui pagare il riscatto, data a partire dalla quale, se non fossero arrivati i soldi, sarebbe partita l’asta sul web. Dall’altra parte il carceriere esercitava una forte pressione psicologica sulla ragazza, chiedendole nomi di persone a lei vicine che potessero contribuire a pagare il riscatto. E anche una volta deciso di liberarla, l’uomo in cambio della sua sicurezza le aveva chiesto di pagare comunque 50mila sterline. A tal proposito resta da capire perchè abbia deciso di interrompere il sequestro. Alla ragazza avrebbe detto che si era trattato di un errore di persona perché non “lavora” con donne che hanno figli. La liberazione della donna è avvenuta lunedì 17 luglio, quando è stata riaccompagnata a Milano al Consolato britannico. Lì le forze dell’ordine sono riuscite a intercettare l’uomo già pronto a ripartire. L’arresto è poi avvenuto la mattina del 18 luglio. Durante l’interrogatorio, stando a quanto riportano gli inquirenti, il sequestratore ha fornito una sua versione dei fatti giudicata poco credibile in cui conferma però di essere stato con la ragazza nel casolare. Un aspetto da ricordare è che l’arrestato aveva preparato nei dettagli il rapimento procurandosi un documento di identità falso, passamontagna e un dispositivo Token per moneta bitcoin per evitare la tracciabilità dei passaggi di denaro. Le indagini ora proseguono anche in Gran Bretagna e Polonia per rintracciare i complici del sequestro a scopo estorsivo, per cui non risulta essere stato pagato alcun riscatto per l’avvenuta liberazione, e per verificarne l’eventuale riconducibilità al “black death group”.

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