I moniti del pm Di Matteo: piu’ severita’ in passaggio magistrati in politica

I moniti del pm Di Matteo:  piu’ severita’ in passaggio magistrati in politica
21 gennaio 2015

“Non sono pregiudizialmente contrario alla possibilita’ che un magistrato, dismessa la toga, assuma un ruolo politico. Sono pero’ convinto che rispetto alla situazione attuale, questo passaggio debba essere regolamentato da paletti piu’ alti. Credo che disorienti il cittadino il passaggio immediato dal ruolo di magistrato a ruolo politico nello stesso territorio. Da questo punto di vista dovrebbe essere regolamentata la transizione”. E’ un vero e proprio monito alla magistratura quello lanciato dal pm di Palermo Nino Di Matteo, in occasione dell’incontro avuto stamani con la Commissione regionale siciliana Antimafia a Palazzo dei Normanni di Palermo. “Voi politici che avete responsabilita’ di governo siete in prima linea come noi magistrati – ha aggiunto -. Forse piu’ di noi. Sogno che la politica si riappropri della capacita’ di contrastare la criminalita’”. Poi puntella: “La politica non deve sconfinare nel campo proprio della magistratura e dell’accertamento dei reati, ma mi permetto di dire una cosa con un esempio banale – ha aggiunto il pm -. Se un politico in fase elettorale, consapevolmente si mostra amico del mafioso ai fini dell’acquisizione del consenso, certamente non ha commesso un reato. Ma accanto alla responsabilita’ penale, quando c’e’, ancor prima certi atteggiamenti devono essere colpiti dalla responsabilita’ politica che deve escludere ancor prima i politici che accettano il dialogo con i mafiosi”.

C’è anche il capitolo Stato-mafia. “I nostri processi sono stati oggetto di critiche anche violente, e trasversali alle varie fazioni politiche, da parte di tutti. Nel corso delle indagini – ha detto ancora il pm – sono emerse anche alcune reticenze e omerta’ istituzionali che hanno portato all’incriminazione di soggetti istituzionali. La Procura di Palermo e’ stata destinataria di un conflitto d’attribuzioni sollevata dalla Presidenza della Repubblica, una iniziativa molto forte. E il presupposto era identico ad altre circostanze di indagini in cui altre procure, di Milano e Firenze, avevano casualmente intercettato telefonate in cui era coinvolto il capo dello Stato”. Un fiume in piena. “Eppure rispetto a situazioni identiche mai era stato sollevato un conflitto d’attribuzioni come accaduto con Palermo – ha spiegato Di Matteo -. Sono constatazioni, dati di fatto, che credo possano fare capire a quali difficolta’ facessimo riferimento, quando abbiamo detto grazie a cittadini normali e giovani che sembrano essere vicini all’azione della magistratura”.

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