Napolitano pronto all’addio, mercoledì le dimissioni

Napolitano pronto all’addio, mercoledì le dimissioni
12 gennaio 2015

#quirinaledi Luigi Frasca

Ultimi giorni al Quirinale per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in attesa delle dimissioni formali, già annunciate nel discorso di fine anno agli italiani in nome del “dovere di non sottovalutare la fatica dell’età”. Probabilmente il presidente della Repubblica lascerà mercoledì, come confermano anche le ultime indiscrezioni, al rientro del premier dalla chiusura della presidenza italiana del semestre europeo. Dal 2006 al mandato bis, attraversando una delle crisi economiche più dure per il Paese, l’undicesimo capo dello Stato, primo ex comunista al Colle, ha trascorso quasi nove anni al Quirinale. “Mi accingo al mio secondo mandato. E lo farò fino a quando la situazione del paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno”.

È il 20 aprile 2013 quando Giorgio Napolitano accetta il bis, convinto dalle forze politiche e dall’incapacità del Parlamento di trovare un successore. Un secondo mandato, dopo quello iniziato nel maggio 2006, prima volta nella storia della Repubblica, a 88 anni e dopo mesi di rifiuti. Ma con un Pd sotto schiaffo per il fuoco amico dei 101 contro Prodi e davanti al pressing della quasi totalità dei partiti, Napolitano dice sì. Con 738 voti, al sesto scrutinio, inizia il suo settennato bis. Cinque i governi durante i suoi quasi nove anni al Quirinale: il secondo esecutivo di Romano Prodi, il Berlusconi IV, Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi. Molte, e spesso feroci, le critiche a Napolitano per la sua firma posta in calce ad alcune leggi ad personam del governo del Cavaliere. Dal Lodo Alfano dell’estate 2008, che sospendeva i processi delle maggiori cariche dello Stato, al legittimo impedimento (aprile 2010), lo scudo per premier e ministri utile a “saltare” le udienze giudiziarie.

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Leggi poi bocciate come incostituzionali dalla Consulta. Ancora una firma, questa volta mancata, è al centro di un duro scontro sul caso di Eluana Englaro, scoppiato nell’inverno 2009. Napolitano si rifiuta di dare il via libera al decreto del governo Berlusconi, varato per bloccare lo stop all’alimentazione forzata della ragazza, da diciassette anni in stato vegetativo. Il capitolo più difficile per il presidente è quello dell’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia, che culmina il 28 ottobre del 2014 con la Corte d’Assise di Palermo in trasferta al Colle per ascoltare il testimone Napolitano. Tre ore di udienza blindata nella sala del Bronzino in cui il presidente dirà di non aver mai saputo di accordi tra apparati dello Stato e Cosa Nostra per fermare le stragi del 1992-93.

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