‘Ndrangheta, il procuratore: “Non è solo una retata, è molto di più”

‘Ndrangheta, il procuratore: “Non è solo una retata, è molto di più”
4 luglio 2017

“Non è solo una retata, è molto di più”. Ha esordito così il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho (foto sx), nell’illustrare i dettagli dell’esecuzione del provvedimento di fermo, denominato “Mandamento Jonico”, nei confronti di 116 persone indagate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, turbativa d’asta, illecita concorrenza con violenza e minaccia, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, truffa e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e numerosi altri delitti collegati, tutti aggravati dalla finalità di agevolare l’organizzazione mafiosa denominata ‘ndrangheta. Un’inchiesta imponente quella condotta dia Carabinieri del Ros centrale e del comando provinciale reggino coordinati dai pm antimafia Antonio De Bernardo, Simona Ferraiuolo e Francesco Tedesco. Uno sforzo investigativo enorme che ha permesso di disarticolare i “locali” di ‘ndrangheta di Locri, Roghudi, Condofuri, San Lorenzo, Bova, Melito Porto Salvo, Palizzi, San Luca, Bovalino, Africo, Ferruzzano, Bianco, Ardore, Platì, Cirella di Platì, Careri, Natile di Careri, Portigliola, Sant’Ilario, tutte rientranti nel mandamento ionico. In manette sono finiti presunti boss e gregari delle cosche attive sul versante ionico della provincia reggina, ma in manette sono finiti anche presunti affiliati alle “locali” di Reggio Calabria, cosca Ficara – Latella e cosca Serraino e alla locale di Sinopoli del mandamento tirrenico. “Il mandamento jonico è il più forte e il più storico della ‘ndrangheta. In quest’indagine. Ha proseguito il procuratore Cafiero De Raho- sono stati assicurati alla giustizia vertici e affiliati per ogni singola cosca mafiosa. Abbiamo scoperto e monitorato doti, gradi e composizioni interne ai “locali” che vanno a superare la conoscenza della gerarchia della ‘ndrangheta fino ad ora evidenziata dalle numerose indagini.

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In questo contesto è emerso come gli appalti pubblici sono stati puntualmente controllati dalla ‘ndrine che di volta in volta o hannio percepito il “pizzo” o inserito le proprie imprese ed addirittura sono arrivate ad acquisire in toto l’appalto. Queste imprese che lavorano per conto della cosche sono imprese apparentemente pulite. Poi negli stessi appalti o negli altri appalti- ha concluso il procuratore- vengono utilizzate senza contratto come accaduto per l’appalto del palazzo di giustizia di Locri. È emerso che gli imprenditori che lavorano sono quelli a cui la ‘ndrangheta ha consentito di lavorare. È un fatto di una gravità senza eguali”. Uno dei “locali” colpiti maggiormente dall’inchiesta “Mandamento jonico” è stato quello di Locri dove è stata accertata l’operatività delle cosche Cataldo e Cordì, protagoniste di una storica faida iniziata sul finire degli anni ’60 che ha insanguinato, in varie fasi, il centro della jonica. L’attività ha disvelato come a seguito della formale chiusura del “locale”, decretata alla fine degli anni ’90 dagli organismi di vertice della ‘ndrangheta proprio a causa dell’ennesima recrudescenza della faida, le due cosche rivali abbiano raggiunto una formale pacificazione al fine di “riattivare” il “locale” e rientrare nel consesso ‘ndranghetista da cui erano state escluse. In tale contesto sono stati individuati i dettagliati organigrammi delle due cosche e di quelle satellite, come gli Aversa-Armocida, gli Ursino e i Floccari. Anche nel principale centro della Locride, i militari dell’Arma hanno riscontrato l’esecuzione di diverse estorsioni a imprese e esercizi commerciali così come l’infiltrazione negli appalti pubblici per la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia, dell’ostello della gioventù, del centro di solidarietà “Santa Marta” e di istituti scolastici, nonché nella gestione di terreni pubblici e nell’assegnazione degli alloggi popolari.

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In merito a quest’ultimo argomento, l’indagine messa a segno oggi dalla Benemerita ha consentito di accertare le azioni della cosca Cataldo volte a conseguire il controllo di alcuni alloggi popolari ubicati a Locri. Tuttora in corso, l’appalto è finanziato con fondi del Ministero della Giustizia, della Regione Calabria e del Comune di Locri per un importo complessivo di oltre 12 milioni di euro, bandito però dal Provveditorato Interregionale alle opere pubbliche Sicilia – Calabria. “Il mandamento jonico è il cuore pulsante della ‘ndrangheta. Oggi si è verificata un’azione coordinata e strategica dello Stato”. Parole di soddisfazione pronunciate anche dal generale Giuseppe Governale, comandante del Ros dei Carabinieri. “Abbiamo impiegato centinaia di uomini per compiere il blitz odierno. Uno sforzo organizzativo imponente come quello messo in piedi dai Carabinieri e dall’autorità giudiziaria durante le indagini. Oggi sono state arrestate 116 persone, ma al momento ne risultano altre 291 indagate”, ha concluso Governale. L’inchiesta “Mandamento jonico” ha inoltre, per una parte, monitorato anche le dinamiche interne al “locale” del capoluogo reggino, documentando il presunto ruolo di vertice di Francesco Pangallo della cosca Latella – Ficara attiva nella zona sud della città, il quale ha riferito sistematicamente a Peppe Pelle “Gambazza” notizie coperte da segreto istruttorio veicolategli presumibilmente da Giovanni Zumbo la talpa dei clan, amministratore giudiziario del Tribunale di Reggio Calabria che, grazie a tale posizione, le aveva apprese a sua volta da ambienti giudiziari. Pangallo è inoltre sospettato di avere avuto un ruolo nella vicenda del posizionamento di una automobile con all’interno armi ed esplosivo rinvenuta dai Carabinieri lungo il tragitto che, il 21 gennaio del 2010, avrebbe dovuto seguire il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in visita alla città di Reggio Calabria. Per questi fatti sono già stato processati e condannati Domenico Demetrio Praticò, il boss Giovanni Ficara e la “talpa” Zumbo, appunto. Oltre all’esecuzione del decreto di fermo, su ordine delal Dda dello Stretto è stato sequestrato un ingente patrimonio- costituito da tredici, tra società e imprese, nonché un complesso immobiliare”.

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