Nello Yemen l’Isis continua a colpire, almeno 60 vittime in attentato ad Aden. Anche la vendita delle armi alimenta il conflitto

Nello Yemen l’Isis continua a colpire, almeno 60 vittime in attentato ad Aden. Anche la vendita delle armi alimenta il conflitto
29 agosto 2016

di Enzo Marino

sciiti degli Houthi yemenSono almeno 60 i morti nell’attentato suicida avvenuto in un centro di reclutamento ad Aden: lo hanno reso noto fonti della sicurezza yemenita, precisando che i feriti sono almeno 29. Il kamikaze ha fatto esplodere un’autobomba in mezzo a un gruppo di nuove reclute: i servizi di soccorso sono ancora impegnati a trasportare i feriti e il bilancio delle vittime potrebbe dunque aggravarsi ulteriormente, secondo quanto reso noto dalle fonti. Le milizie jihadiste dello Stato Islamico (Isis) hanno rivendicato l’attentato, secondo quanto pubblica l’agenzia di stampa Amaq, organo di propaganda dell’organizzazione terroristica. Aden, riconquistata nel luglio del 2015 ai ribelli sciiti degli Houthi e dichiarata “capitale provvisoria” del Paese, è stata teatro dal novembre scorso di numerosi attentati contro forze di sicurezza e dirigenti politici, alcuni dei quali rivendicati da organizzazioni quali al-Qaida e lo Stato Islamico. Lo scorso 18 luglio lo Yemen è stato teatro di altri cinque soldati morti a causa di due attacchi con autobomba compiuti nel sud-est del paese. I cinque militari furono uccisi mentre erano in servizio a due diversi posti di blocco a Mukalla, porto yemenita nei mesi scorsi strappato al controllo dell’ala locale di al Qaida. Come anche dodici giorni prima, 6 luglio scorso, quando ancora un’autobomba era esplosa davanti ad un compound della sicurezza vicino all’aeroporto di Aden, nel sud dello Yemen, provocando la morte di 10 persone.

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La guerra civile yemenita si è inasprita circa un anno fa, quando una coalizione guidata dall’Arabia Saudita è intervenuta con attacchi aerei, un blocco navale e truppe di terra per fare fronte ai ribelli Houthi che cercavano d’impadronirsi di tutto il paese. Gli houthi, una tribù di sciiti zaiditi ora alleati con il loro vecchio nemico, l’ex presidente Ali Abdullah Salah, sono visti da Riyadh come uno strumento controllato dall’Iran, accusa respinta sia dai ribelli sia da Teheran. Gli Stati Uniti – riportano alcuni documenti diffusi – sono parti del conflitto armato in Yemen. Dall’Air Forse, hanno fato sapere che l’esercito Usa ha schierato personale dedicato alla progettazione e alle operazioni congiunte delle cellule saudite per il “coordinamento delle attività”. In particolare le forze armate statunitensi partecipano ad operazioni militari specifiche, quali la fornitura di consigli sulla scelta degli obiettivi e sul rifornimento in volo, durante i bombardamenti.

Dunque – si afferma ancora nella nota diffusa – in quanto parte del conflitto, gli Stati Uniti sono in sé obbligati ad indagare sui presunti attacchi illeciti cui ha preso parte. Non solo. Nel luglio 2015, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha approvato una serie di vendite di armi in Arabia Saudita, tra cui un contratto di 5.4 miliardi di dollari per 600 missili Patriot e un accordo di 500 milioni di dollari per più di un milione di munizioni di vario genere, bombe a mano ed altri oggetti bellici, per l’esercito saudita. Anche il governo britannico, tra il gennaio e il settembre 2015, secondo la Campagna contro il commercio di armi con sede a Londra,  ha approvato 2,8 miliardi di sterline nelle vendite militari in Arabia Saudita. E allora, il Regno Unito era già pronto a negoziare un accordo un altro miliardo di armi con gli Emirati Arabi Uniti. Insomma, una guerra che dura da anni, quella in corso nello Yemen e che non finisce perché, soprattutto, è un affare troppo grande per lo smercio di armi.

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