Omicidio Varani, Prato s’è suicidato. Parla il consulente della Procura: aveva già tentato tre volte. Ministro chiede rapporto

20 giugno 2017

Si è suicidato in cella Marco Prato (foto), il 31enne accusato di aver seviziato, stordito e ucciso a colpi di martello e coltellate durante un festino a base di sesso e droga il 23enne Luca Varani. L’omicidio è avvenuto nel marzo del 2016, a Roma. Il cadavere di Prato è stato invece trovato nella sua cella del carcere di Velletri, proprio alla vigilia del processo. Prato si è tolto la vita usando un sacchetto di plastica ed una bomboletta del gas, di quelle che in genere i detenuti usano per cucinare. Secondo quanto si è appreso, nella cella è stato ritrovato anche un testo scritto nel quale Prato avrebbe scritto di volerla fare finita perché non reggeva più il peso della vicenda. “Il fatto che sia morto proprio inalando il gas dalla bomboletta che tutti i reclusi legittimamente detengono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande, come prevede il regolamento penitenziario deve fare seriamente riflettere sulle modalità di utilizzo e di possesso di questi oggetti nelle celle”, riferisce il Sappe, il sindacato degli agenti di polizia penitenziaria. “Una vita è una vita. Sono scioccata per quanto accaduto… Solo due parole : silenzio e rispetto per il lutto delle famiglie. Grazie”, intanto posta su Facebook Marta Gaia Sebastiani, la compagna di Luca Varani. Ovviamente il riferimento è al suicidio di Prato. Per l’omicidio di Luca Varani era già stato condannato a 30 anni Manuel Foffo, che a differenza di Prato aveva chiesto il rito abbreviato.

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Marco “Prato è dichiaratamente e ostentatamente omosessuale, le sue amicizie di vecchia data sono costituite prevalentemente da donne. Fumatore, assume regolarmente alcool e cocaina, gli è stata sospesa due volte la patente per guida in stato di ebbrezza, utilizza un toupet per nascondere un principio di calvizie; nei giorni trascorsi a casa di Foffo aveva indossato abiti femminili, scarpe con il tacco e una parrucca da donna di colore acceso”. Lo scrive il consulente della Procura di Roma, la psicologa Flaminia Bolzan in un passo della sua relazione che è stata depositata agli atti del processo per l’omicidio di Luca Varani. Domani era prevista una udienza. Oggi però, nel corso della notte, Prato si è ucciso nel carcere di Velletri dove era detenuto. Secondo quanto ricostruito dalla perita Prato aveva cercato almeno altre tre volte di togliersi la vita. Un primo tentativo risale quando tornò in Italia nel 2011, dopo essere stato a Parigi, in coincidenza con la conclusione di una relazione sentimentale. Una volta rientrato a Roma, dopo circa due mesi, ci provò di nuovo. Poche ore dopo l’omicidio di Varani, Prato prese delle pillole in una camera d’hotel per farla finita. Rispetto alle sue preferenze sessuali Prato aveva specificato “di essere attratto da individui di sesso maschile che si dichiarano eterosessuali”. 

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La mancanza di amore materno, dirottato verso la sorella affetta da una grave malattia invalidante sin da piccola, ha portato Marco – spiega la Bolzan – “a una continua ricerca di amori che potessero riempire questo vuoto” e a sviluppare in lui “un’omosessualità con anche una voglia di cambiare sesso”. Per la consulente della Procura, “le frustrazioni di un bambino hanno influenza sulla sua proclività all`aggressione e alla violenza: il bambino inizia infatti il suo sviluppo dipendendo totalmente dalla madre e se questa non soddisfa le sue esigenze si sente frustrato e quindi diviene sfidante, ostile e ostinato, a volte può accadere che incorpori regole e restrizioni e le trasformi divenendo crudele e sadico”. Nel caso di Prato, “la sua infanzia è trascorsa in seno ad una famiglia disgregata che non ha offerto al bambino la possibilità di identificarsi con modelli positivi stabili avendo ricevuto povertà emotiva in una sorta di ‘abbandono’ affettivo da parte della madre, portando come conseguenza, sul piano psichico, la formazione di perversioni sessuali a carattere anche sadico e la peculiare rinuncia ad incolpare la madre di tale abbandono, fantasticando di una madre buona con la quale identificarsi e di un padre crudele o assente”. “Ho chiesto un rapporto dettagliato al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per capire se il protocollo della prevenzione dei suicidi è stato rispettato”. Parla da New York il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, commentando il suicidio di Marco Prato. Orlando ha aggiunto che, di recente, il governo ha fatto rafforzare le misure di sostegno psicologico in carcere, azione che ha fatto diminuire il numero dei suicidi. Il ministro ha poi concluso dicendo che, per quanto ne sapesse, Prato “era seguito da uno psicologo e non aveva dato segni di squilibrio”.

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