Ora l’Europa ci impone anche le tasse: “Introdurre un’imposta nazionale” sui rifiuti

Ora l’Europa ci impone anche le tasse: “Introdurre un’imposta nazionale” sui rifiuti
6 febbraio 2017

L’Italia dovrebbe “introdurre una tassa nazionale” sull’uso delle discariche dei rifiuti, oppure almeno “armonizzare le diverse tasse regionali” esistenti nel settore; più in generale, inoltre, dovrebbe creare “un comitato speciale per valutare le misure più appropriate di riforma del sistema di tassazione ambientale”. Lo raccomanda la Commissione europea nel suo primo rapporto sul riesame dell’attuazione delle politiche e della legislazione ambientale dell’Ue, pubblicato oggi a Bruxelles. Oltre al settore dei rifiuti, il rapporto riguarda anche quelli della natura e biodiversità, della qualità dell’aria, della qualità e gestione dell’acqua. Pur avendo fatto molti progressi ed essendo, a livello nazionale, vicina alla media europea per quanto riguarda gli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti municipali (45% rispetto al 44% nell’Ue), l’Italia continua ad avere situazioni molto diverse al suo interno, con regioni, soprattutto nel Sud, rimaste molto indietro, ed è sotto procedura d’infrazione Ue per la situazione delle sue discariche.

LE NORME In alcune regioni le discariche non rispettano le norme comunitarie, oppure continuano a essere usate massicciamente nella gestione dei rifiuti urbani, compromettendo la raccolta selettiva e gli obiettivi di riuso, riciclaggio e compostaggio previsti dall’Ue; inoltre, il governo continua a pagare 120.000 euro al giorno – dopo una condanna del luglio 2015 della Corte europea di Giustizia – a causa della mancata risoluzione della crisi dei rifiuti in Campania del 2007, e il suo lascito di “ecoballe” da smaltire. Oltre all’Italia, finora altri cinque Stati membri non sono riusciti a limitare la messa in discarica dei rifiuti urbani biodegradabili. Un altro problema ambientale grave per la Penisola è il mancato rispetto delle norme Ue per la qualità dell’aria e contro l’inquinamento atmosferico, causato soprattutto dal traffico stradale, nei centri urbani. “Nel 2013, più del 60% della popolazione italiana risiedeva in aree esposte per più di 35 giorni all’anno a concentrazioni di particolato PM10 al di là del limite giornaliero di 50 microgrammi al metro cubo, contro una media comunitaria del 16,3%”, ricorda la Commissione nella nota che accompagna il rapporto pubblicato oggi.

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IL RICORSO Oltre al PM10, l’Italia è fortemente inadempiente anche per quanto riguarda i limiti di concentrazione degli Ossidi d’Azoto (NO2). Tanto che è atteso a breve termine un “parere motivato” della Commissione europea, preludio di un probabile ricorso in Corte di Giustizia, con il rischio di una nuova condanna e nuove multe giornaliere. Le norme sulla qualità dell’aria non sono rispettate in ben 23 dei 28 Stati membri: 12 per le concentrazioni di NO2 e 16 per quelle di PM10 (con l’Italia in entrambi gli elenchi). In totale, si registra il superamento dei livelli in più di 130 città in tutta Europa. “La piena attuazione della legislazione ambientale comunitaria potrebbe far risparmiare ogni anno all’economia dell’Ue 50 miliardi di euro in costi sanitari e costi diretti per l’ambiente”, sottolinea la Commissione europea, ricordando inoltre che solo nel settore dei rifiuti “la piena conformità con le politiche dell’Ue potrebbe creare 400.000 nuovi posti di lavoro entro il 2020”. Presentando il rapporto (che contiene 28 valutazioni specifiche per paese) Karmenu Vella, Commissario Ue per l’Ambiente, ha sottolineato oggi che “migliorare le modalità di applicazione del diritto ambientale va a vantaggio dei cittadini, delle amministrazioni pubbliche e dell’economia”, e ha assicurato che “la Commissione europea si impegna ad aiutare gli Stati membri a garantire ai loro cittadini di poter contare su una qualità eccellente dell’aria, dell’acqua e della gestione dei rifiuti”.

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