Oro paralimpico e eutanasia, la scelta finale di Marieke

Oro paralimpico e eutanasia, la scelta finale di Marieke
Marieke Vervoort
23 ottobre 2019

Aveva firmato i documenti per l’eutanasia undici anni fa, conscia del suo destino drammatico che alla fine ieri ha deciso di affrontare, ma Marieke Vervoort non li ha fatti trascorrere nell’attesa dell’ineluttabile. Un oro e altre tre medaglie paralimpiche tra Londra e Rio ne avevano colorato la vita, poi i giorni del dolore hanno sopraffatto quelli della gioia e l’atleta belga a 40 anni ha dato seguito alla sua scelta definitiva, uno choc per il mondo dello sport e non solo. Vervoort ha vissuto, ha combattuto, ha gareggiato e ha vinto, contro il suo male e contro tante avversarie, che ora la piangono e la ricordano insieme con il suo Belgio, in nome del quale si sono espressi i Reali, con un messaggio commosso. L’atleta di Dienst, nel cuore del Brabante, era ospite quasi abituale a Palazzo, dove aveva ricevuto encomi e onorificenze, riconoscimento per le tante vittorie, “esempio di coraggio e combattivita’”. Sulla sua carrozzina, nell’atletica leggera, a Londra 2012 aveva vinto l’oro nei 100 metri e ottenuto un argento nei 200; a Rio, nel 2016 aveva conquistato l’argento nei 400 e il bronzo nei 100.

Da quando aveva 14 anni, Marieke soffriva di un’incurabile malattia muscolare degenerativa che l’aveva costretta ad usare una sedia a rotelle, diventata poi, nella versione sportiva, il suo tappeto volante per stare al di sopra del destino. Si era appassionata al paratriathlon, laureandosi per campionessa del mondo nel 2006, ma per il peggioramento delle sue condizioni si dedico’ quindi all’atletica leggera, diventando una leggenda nel suo Paese di grandi sportivi e venendo elette per due volte Atleta paralimpica dell’anno, nel 2012 e nel 2015. “Profondamente rattristati dalla scomparsa dell’ atleta paralimpica Marieke Vervoort. Tutti i nostri pensieri sono con la sua famiglia e i suoi cari”, recita il tweet dei Real del Belgio, ma sono centinaia i messaggi di affetto e commozione da parte di atlete e atleti e persone che conoscevano lei e la sua sofferenza. Una sofferenza profonda, per i dolori insopportabili che le impedivano anche di dormire, cui ultimamente si era aggiunta anche l’epilessia. Una situazione non ha mai nascosto, cosi’ come la sua scelta di poter dire basta.

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“Non voglio piu’ soffrire – aveva detto in un’intervista del 2017 al Daily Telegraph -. Ora e’ troppo dura per me. Non ho mai provato questi sentimenti prima, divento sempre piu’ depressa. Piango molto. Tutti mi hanno vista gioire, vincere medaglie, essere forte, ma non vedono il resto”. Parlando dell’eutanasia, Vervoort aveva scelto da sempre la chiarezza: “Io non provo paura per la morte, per me e’ come raggiungere la pace. Quando il dolore diventa troppo difficile da gestire, posso avere la mia vita nelle mie mani”. Prima di compiere il passo definitivo, a settembre Marieke ha esaudire un ultimo desiderio, compiendo alcuni giri a bordo di una Lamborghini sul circuito di Zolder: “Ho realizzato parecchi sogni in vita mia, e questo era l’ultimo”. “La gente piangera’ – aveva detto parlando del giorno che ieri e’ arrivato – ma voglio anche che ringrazino per la vita che ho avuto, per il fatto che ora sono felice, in pace”. Solo pochi intimi, secondo le sue volonta’, parteciperanno lunedi’ a Dienst ad una cerimonia privata per darle un ultimo saluto ma il suo ricordo rimarra’ vivo. “Ogni paralimpico – aveva detto – per me e’ un campione”.

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