Partiti attendono la Consulta su Italicum, ma già sono divisi sul day-after. Resta nodo Senato

Partiti attendono la Consulta su Italicum, ma già sono divisi sul day-after. Resta nodo Senato
23 gennaio 2017

La decisione potrebbe arrivare già domani sera. La Consulta si riunirà per stabilire le sorti dell’Italicum, fissando un punto fermo nel dibattito sulla legge elettorale, dopo mesi in cui le congetture sono state molte ma la discussione parlamentare è rimasta di fatto “congelata” nell’attesa. I ricorsi presentati riguardano vari punti della legge e, in particolare: il ballottaggio, i capilista bloccati, le multicandidature e il divieto di apparentamento tra il primo e il secondo turno. Già oggi i giudici si sono riuniti in preconsiglio e i boatos della vigilia raccontano che il relatore sarebbe intenzionato a proporre solo l’abolizione del ballottaggio e delle pluricandidature, lasciando di fatto in piedi un sistema proporzionale che prevede il premio al 40%. Va ricordato che l’Italicum (che fu approvato con voto di fiducia per volere del governo Renzi) è valido soltanto per la Camera mentre per il Senato (che avrebbe dovuto essere abolito se al referendum costituzionale avesse vinto il sì) si applica il cosiddetto Consultellum, ossia quel che è rimasto del Porcellum dopo una ulteriore sentenza della Corte: una legge di impianto proporzionale. Ed è proprio sulla questione della “omogeneità” dei due sistemi, nonché sul fatto che la sentenza sia o meno “autoapplicativa” che il dibattito politico si è acceso.

DUE LEGGI OMOGENEE A giudizio dell’avvocato Felice Besostri, coordinatore dei ricorsi anti-Italicum, “se domani ci sarà una sentenza nel merito non potrà che essere autoapplicativa, perché le leggi elettorali sono costituzionalmente necessarie e deve essercene una immediatamente applicabile o che al massimo richiede una normativa secondaria”. Ma, spiega, c’è anche un’altra possibilità, ossia che l’Italicum “venga annullato” in quanto, dopo la vittoria del no al referendum, sarebbe una “legge che sacrifica la rappresentanza in una sola Camera”. Il vero tema politico, però, è quello dell’omogeneità delle due leggi con cui si dovrebbe votare per Camera e Senato, una caratteristica che è stata giudicata indispensabile dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. Non si esclude, peraltro, che siano gli stessi giudici della Consulta ad esortare il Parlamento ad occuparsi del problema di armonizzare i due sistemi di voto. Circostanza che potrebbe di fatto “allungare” la vita di questa legislatura. In attesa della sentenza, dunque, le forze politiche già si dividono tra chi chiede che la Corte emetta una sentenza che consenta di andare a votare al più presto e chi sottolinea, invece, la necessità che la parola subito dopo passi comunque al Parlamento.

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I PARTITI In sintesi, nella prima “fazione” rientrano quei partiti che più premono per una fine anticipata della legislatura, come Lega e M5s. “Mi aspetto – afferma il segretario del Carroccio, Matteo Salvini – una decisione sull’Italicum. Qualunque essa sia, serve una decisione che non perda altro tempo. Sarebbe inaccettabile una sentenza all’italiana, che decide ma non decide”. E Beppe Grillo sul blog ricorda che il suo movimento è sempre stato contrario all’Italicum ma chiede che si vada a votare al più presto con il cosiddetto ‘Legalicum’, ossia la legge così come emergerà dalla sentenza della Consulta da estendere però anche al Senato. A chiedere invece che la decisione torni nelle mani delle Camere è Forza Italia. “Dopo la Consulta – dice il capogruppo a Montecitorio, Renato Brunetta – tocca al Parlamento legiferare”. Il Pd renziano come è noto preme per elezioni subito, ma la minoranza dem è di altro avviso. Nel dibattito si inserisce anche il presidente del Senato Pietro Grasso, il primo ad iscriversi apertamente al “partito del 2018”, a dichiarare cioè che la legislatura potrebbe tranquillamente arrivare alla sua scadenza naturale. Dopo la sentenza della Consulta, osserva, dovremo “attendere le motivazioni della decisione per poter creare leggi elettorali sempre più omogenee, come richiesto anche dal presidente Mattarella”. Prima che le motivazioni siano rese note, inoltre, potrebbero passare anche 20-30 giorni.

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