Pedofilia, condannato il cardinale Philippe Barbarin. Il prelato annuncia dimissioni al Papa

7 marzo 2019

L’arcivescovo di Lione, il cardinale Philippe Barbarin, e’ stato condannato a sei mesi di carcere con sospensione condizionale della pena per “aver coperto gli abusi sessuali nei confronti di minori commessi da altri sacerdoti”. La presidente della Corte del tribunale di Lione, Brigitte Vernay, ha dichiarato il cardinale Barbarin – non presente in aula – “colpevole di non aver denunciato i maltrattamenti” nei confronti di un minore tra il 2014 e il 2015. I suoi avvocati hanno annunciato il ricorso in appello. “La motivazione del tribunale non mi convince. Quindi contesteremo questa decisione con tutti i mezzi legali appropriati”, ha affermato l’avvocato Jean-Felix Luciani. “E’ stato difficile per la corte resistere a tutta la pressione con documentari e un film. Tutto questo pone delle vere questioni sul rispetto per la giustizia”, ha aggiunto il legale.

Il cardinale Philippe Barbarin, condannato oggi a 6 mesi per aver coperto gli abusi sessuali su minori di altri preti, ha annunciato che rimettera’ il suo incarico al Papa. “Ho deciso di andare dal Santo Padre per consegnargli le mie dimissioni. Mi ricevera’ tra qualche giorno”, ha spiegato l’arcivescovo di Lione che dichiara di “aver preso atto della decisione del tribunale”. “Indipendentemente dalla mia sorte personale, ci tengo a ribadire tutto la mia compassione per le vittime”, ha aggiunto.

Per gli altri cinque imputati, la corte ha ritenuto che i fatti fossero, a seconda del caso, non accaduti o prescritti e quindi non ha pronunciato alcuna sentenza nei loro confronti. I sei accusati sono stati processati per “mancata segnalazione di violenza sessuale sui minori di 15 anni”. Abusi attribuiti a padre Bernard Preynat, che non e’ stato ancora processato per i fatti accaduti prima del 1991. Il cardinale Barbarin e Re’gine Maire, ex volontaria della diocesi di Lione, sono stati anche processati per “mancata assistenza”: sono stati accusati di aver lasciato Preynat in contatto con i bambini, nell’esercizio delle sue funzioni, fino al settembre 2015. Per Yves Sauvayre, uno degli avvocati dei querelanti, “la responsabilita’ e la colpa del cardinale sono state consacrate da questo giudizio, e’ un simbolo straordinario, una grande emozione storica”. Uno dei querelanti, Francois Devaux, co-fondatore dell’associazione delle vittime ‘La Parole libe’re’e’, l’ha definita “una grande vittoria per la protezione dell’infanzia”.

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IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA DI CONDANNA

Il tribunale correzionale di Lione, che ha condannato a sei mesi con la condizionale il cardinale Philippe Barbarin, spiega, nel dispositivo di sentenza, che il porporato, arcivescovo della città francese dal 2002, aveva saputo nel 2010, una prima volta, e successivamente nel 2014, degli abusi perpatrati dal sacerdote Bernard Preynat negli anni Settanta e Ottanta a danno di un gruppo di scout, ed è rritenuto colpevole dalla giustizia francese per non avere preso l’iniziativa di denunciare il sacerdote alla procura, nonostante anche il Vaticano gli avesse consigliato di allontanare il sacerdote. La corte, presieduta dalla giudice Brigitte Vernay, scrive, nella sentenza, che già nel 2010 Barbarin era venuto a sapere degli abusi di don Preynat grazie a una lettera inviata al suo predecessore dai genitori di una sua vittima, ma “bisogna constatare che all’epoca da parte del cardinale non è stata compiuta alcuna denuncia”, cosa “tanto più deplorevole poiché si sarebbe potuta ordinare un’inchiesta”, la vittima sarebbe potuta essere ascoltata prima così come si sarebbero potute cercare altre vittime. Il porporato “non spiega il suo silenzio se non con la certezza che dopo il 1991 questi fatti non erano più accaduti”, prosegue il dispositivo di sentenza, “ma questa convinzione non poteva essere sufficiente a dispensarlo dal rispettare l’obbligo di denuncia” previsto dal codice penale francese all’articolo 434 comma 3.

Don Preynat invece viene nominato nella parrocchia di Sainte Claire en Loire et Rhins e nel 2013 viene nominato decano. Ma poiché questi fatti sono avvenuti nel 2010, il delitto di mancata denuncia per questo primo capo d’accusa è prescritto, spiega il tribunale, per poi passare alla seconda vicenda. Si tratta della denuncia che il cardinale Barbarin riceve nel luglio del 2014 da un’altra vittima, Alexandre Hezez, uno dei promotori di questo processo, che gli riferisce anche, a partire dal marzo 2015, che ci sono altre vittime. “Il cardinale Barbarin non ha mai manifestato alcun dubbio su queste informazioni”, si legge ancora nella sentenza, e l’arcivescovo “aveva l’obbligo di denunciare questi fatti”. Ma “per tutto il 2014, Philippe Barbarin non ha denunciato alla giustizia né i fatti dubiti da Alexandre Hezez né l’esistenza possibile di fatti analoghi. Non ha preso iniziativa nonostante le domande e l’insistenza di Alexandre Hezez” che “spiegava di non riuscire a capire come Bernard Preynat fosse ancora titolare di una parrocchia”. Il principale argomento citato da Barbarin, si legge ancora nel dispositivo di sentenza, è che Hezez “gli diceva che i fatti di cui era stato vittima erano prescritti. Ma come comprendere la stessa inerzia quando si trattava dell’esistenza di altre vittime?”.

Barbarin, ancora, “obiettava che dubitava dell’opportunità di denunciare fatti antichi che non si erano ripetuti Ma quest’ultima convinzione derivava da quanto Bernard Preynat stesso dichiarava. E in questo caso – si legge ancora – perché sollecitare il consiglio del segretario della congregazione per la Dottrina della fede in Vaticano”, l’allora monsignore Luis Francisco Ladaria, oggi prefetto dello stesso dicastero, “il 13 dicembre 2014, ossia cinque mesi dopo il primo messaggio di Alexandre Hezez, se non perché quest’ultimo non diminuiva la sua determinazione. Da questo punto di vista, è opportuno sottolineare che una denuncia alla Procura della Repubblica poteva contenere le stesse informazioni di quella trasmessa a Roma. Sappiamo adesso che la risposta inviata dal segretario della Congregazione per la Dottrina della fede prevedeva di prendere delle misure di allontanamento di Bernard Preynat ma invitava ad evitare “ogni scandalo pubblico”. Sembra infine che non era che questa univa priorità, espressa esplicitamente, che bisognava perseguire, l’unico motivo dell’inerzia di Philippe Barbarin nel corso del 2015. E mentre le sue funzioni gli davano accesso a ogni informazione e aveva la capacità di analizzarle e comunicarle utilmente, Philippe Barbarin ha scelto in coscienza, per preservare l’istituzione alla quale appartiene, di non trasmetterle alla giustizia”.

“Visto l’insieme di questi elementi – scrivono i giudici correzionali di Lione – è opportuno dichiarare Philippe Barbarin colpevole di mancata denuncia di maltrattamenti, privazioni o molestie sessuali inflitte ad un minore di quindici anni”. Sentenza pronunciate dopo aver preso in considerazione “l’autorità che il cardinale Barbarin rappresenta, il potere che ha di decidere in piena indipendenza. Era a conoscenza della problematica legata ai comportamenti pedofili e ai danni causati alle vittime, come testimonia la sua partecipazione alla definizione dei principi adottati dalla conferenza episcopale in questo ambito. E, inoltre, non si può ignorare che aveva conoscenza più antica degli abusi contestati a Bernard Preynat”. Per questo, “volendo evitare lo scandalo causato dagli abusi sessuali multipli commessi da un prete, ma anche per le decisioni decisamente poco adeguate prese dai vescovi che lo hanno preceduto, Philippe Barbarin ha preferito prendere il rischio di impedire la scoperta di numerosissime vittime di abuso sessuale da parte della giustizia e di vietare l’espressione del loro dolore. Per questo deve essere condannato alla pena di sei mesi di prigione” con la condizionale.

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