Pedofilia nella Chiesa in Cile, il Papa accelera la svolta

Pedofilia nella Chiesa in Cile, il Papa accelera la svolta
21 aprile 2018

Con l’arrivo a Roma, previsto alla fine della prossima settimana, di tre vittime di un prete pedofilo cileno, entra nella sua fase conclusiva una vicenda che ha segnato una crisi maggiore del pontificato di Papa Francesco. Il sacerdote è Fernando Karadima, influente sacerdote della borghesia di Santiago sin dai tempi di Pinochet, con amicizie in Vaticano nella cerchia wojtyliana, condannato nel 2011 dal Vaticano. Tra i suoi pupilli c`era Juan Barros, che è poi diventato vescovo nel 1995 e che Papa Francesco in persona ha nominato alla testa della dicoesi di Osorno, innescando fin da subito delusione e aperte manifestazioni di protesta da parte di molti fedeli. Nel corso del viaggio che ha compiuto in Cile a gennaio scorso, Jorge Mario Bergoglio, che pure ha più volte chiesto scusa ai cileni per lo scandalo dei preti pedofili, lo ha pubblicamente difeso, come aveva già fatto in passato, definendo “calunnie” le accuse nei suoi confronti.

Una presa di posizione che gli ha guadagnato una raffica di critiche da parte dei suoi amici e collaboratori: dal cardinale Sean O`Malley, presidente della commissione pontificia per la tutela dei minori, ai gesuiti cileni e statunitensi, dal sito specializzato in informazione vaticana Il Sismografo al Centro per la tutela dei minori della Pontificia Università Gregoriana. Ascoltate tutte queste voci critiche, Jorge Mario Bergoglio si è corretto e ha deciso di mandare in Cile mons. Charles Scicluna, arcivescovo della Valletta a Malta, in passato procuratore generale vaticano nei casi di pedofilia e ora a capo del collegio di appello nei casi di abusi, uomo di Chiesa notoriamente poco incline ai compromessi.

Raccolte 64 testimonianze, un dossier di 2300 pagine consegnato a Bergoglio

Scicluna, che durante il soggiorno in Cile è stato ricoverato per un problema alla cistifellea ed è stato coadiuvato nel suo lavoro dal sacerdote spagnolo Jordi Bertomeu, ha raccolto 64 testimonianze ed ha consegnato al Papa, il 20 marzo, un dossier di 2300 pagine. L’otto aprile la svolta. Papa Francesco ha inviato una lettera ai vescovi cileni riuniti in assemblea plenaria, riconoscendo di essere “incorso in gravi errori di valutazione e percezione della situazione, in particolare per mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate”, convocando a Roma – come Benedetto XVI aveva fatto nel 2010 con i vescovi irlandesi – tutti e 34 i vescovi cileni “per dialogare sulle conclusioni” della visita di Scicluna “e sulle mie conclusioni” e chiedendo “scusa a tutti quelli che ho offeso – ha scritto il Papa – e spero di poterlo fare personalmente, nelle prossime settimane, negli incontri che avrò con rappresentanti delle persone intervistate”. L’invito è rivolto, in particolare, a tre vittime di Karadima, capofila delle accuse a monsignor Barros, James Hamilton, Juan Carlos Cruz e José Andrés Murillo, che hanno accolto positivamente l’invito in Vaticano precisando: “Il danno commesso dalla gerarchia della Chiesa cilena, alla quale si rivolge il Papa ha colpito molte persone, non solo noi. L’obiettivo di tutte le nostre azioni ha sempre puntato al riconoscimento, al perdono e alla riparazione per coloro che hanno sofferto, e così continuerà ad essere, finché la tolleranza zero vero l’abuso e l’insabbiamento nella Chiesa sarà una realtà”.

Il richiamo del Papa: “Mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate” 

I tre uomini, ha scritto l’Associated Press, saranno ricevuti dal Papa, individualmente e in gruppo, il fine settimana del 28 e 29 aprile e risiederanno nella Casa Santa Marta dove risiede Francesco. Quanto ai vescovi cileni, è previsto che vengano a Roma la terza settimana di maggio. Anche mons. Juan barros farà parte della delegazione. Ieri, peraltro, la diocesi di Osorno ha comunicato che il presule ha “alcune difficoltà di salute” ed ha invitato i fedeli a pregare per lui. Il maggiore esponente della Chiesa cilena, intanto, si riposiziona. L’arcivescovo di Santiago del Cile, Riccardo Ezzati, italiano naturalizzato cileno – che peraltro a marzo è stato ricoverato al Policlinico Gemelli mentre si trovava a Roma per la plenaria della Pontificia Commissione per l`America Latina, ha dichiarato nei giorni scorsi che “per il bene del popolo di Dio” mons. Barros “dovrebbe fare un passo indietro”.

Il predecessore di Ezzati, il cardinale Francisco Javier Errazuriz Ossa, che nei giorni scorsi ha voluto precisare di non essere responsabile di quella “mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate” di cui ha scritto il Papa, dovrebbe essere in arrivo a Roma. Il porporato cileno è infatti membro del consiglio dei nove cardinali che coadiuvano il Papa nella riforma della Curia, il cosiddetto C9, che torna a riunirsi da lunedì a mercoledì prossimi con il Papa (assente il cardinale George Pell, tornato in Australia per difendersi in tribunale dalle accuse di pedofilia in un processo nel quale è attesa il primo maggio la decisione circa l’eventuale rinvio a giudizio).

Rinnovata la commissione per la tutela dei minori

Dei nove cardinali fa parte anche l’arcivescovo di Boston Sean O’Malley, presidente della pontificia commissione per la tutela dei minori. E’ stato ricevuto l’altroieri dal Papa ed oggi è tornato da lui per presentargli in una udienza privata i 13 membri della rinnovata commissione. L’organismo, creato dallo stesso Pontefice argentino, è stato recentemente rinnovato a conclusione, mesi fa, del primo mandato triennale. Alcuni commissari sono stati rinnovati, altri no, due si erano dimessi. Si tratta di Peter Saunders e Marie Collins, da bambini vittima di preti pedofili (anche nell’attuale commissione vi sono dei sopravvissuti agli abusi di sacerdoti, ma non sono stati pubblicamente identificati).

Marie Collins, in particolare, aveva lasciato la commissione mesi prima della sua scadenza in polemica con la Curia romana. “La commissione della quale sono stata membro sinora ha ottenuto pochi risultati pratici”, ha scritto in questi giorni su Twitter. “Il tribunale per la accountability (la assunzione di responsabilità di vescovi negligenti di fronte alle accuse di abusi rivolti a sacerdoti della propria diocesi, ndr.) e le linee-guida per la salvaguardia sono state respinte dalla Curia. Cosà verrà fatto ora dalla commissione per garantire che queste due priorità non vengano lasciate dove sono cadute?”. askanews

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