Pentagono, truppe Usa sotto attacco turco ma Ankara smentisce. Trump chiede stop a Erdogan. E lui: “Non mi fermo”

Pentagono, truppe Usa sotto attacco turco ma Ankara smentisce. Trump chiede stop a Erdogan. E lui: “Non mi fermo”
12 ottobre 2019

Le forze turche impegnate nell’offensiva contro i curdi nel nord della Siria avrebbero bombardato per sbaglio uomini delle forze speciali americane presenti nell’area. Le forze Usa, una compagnia formata da 50 a 100 uomini, stavano operando sulla collina di Mashtenour nella citta’ di Kobane e sarebbero state raggiunte da colpi di artiglieria sparati dalle postazioni turche, nonostante Ankara dovrebbe sapere dove si trovano truppe americane. Il Pentagono ha ufficialmente confermato che le truppe americane “si sono trovate sotto il fuoco dell’artiglieria” turca nella citta’ controllata dai curdi Kobani, nel nord della Siria, alle 21 ora locale. I raid ha colpito “a poche centinaia di metri” dalla zona di sicurezza dove Ankara sa che gli Usa sono presenti. Lo stesso Pentagono ha affermato che non ci sono vittime o feriti nel raid di Ankara nella zona di Kobane, nel nord della Siria. “Le truppe Usa – e’ stato precisato da un portavoce del Pentagono – non si sono ritirate da Kobane”. La postazione americana del nord est della Siria e’ stata evacuata dopo essere finita sotto il fuoco di artiglieria della Turchia. L’evacuazione dovrebbe essere temporanea. Il Pentagono ha messo in guardia la Turchia dall’evitare azioni che possano tradursi in una immediata azione di difesa americana.

Il ministero della Difesa turco ha smentito di aver colpito un check-point americano nelle vicinanze di Kobane. “Sappiamo dove si trovano le basi della coalizione e colpire basi americane e’ fuori discussione. Nessun check point americano e’ stato colpito”, ha fatto sapere con un comunicato. Questa la posizione di Ankara dopo che era circolata la notizia che l’esercito turco avesse colpito “per sbaglio” un check point americano e ferito, come riferito da fonti curde, militari francesi. Per tutta la giornata l’artiglieria turca stanziata a Suruc ha bersagliato Kobane, nel nord della Siria. I colpi di artiglieria dell’esercito turco sarebbero esplosi a poche centinaia di metri dalla base della coalizione. Lo scorso 9 ottobre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha lanciato l’operazione “Fonte di pace”, mirata a colpire le milizie siriane Ypg nel nord est della Siria. Le milizie curde sono state alleate a lungo degli americani nella lotta sll’Isis, che non hanno ritirato del tutto il loro contingente presente nell’area.

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E proprio “Fonte di pace”, voluta e sferrata da Recep Tayyip Erdogan per colpire le postazioni delle milizie curde Ypg oltre confine eliminandole dalla riva est dell’Eufrate, ha spinto 100.000 persone a fuggire dalle aree di guerra, causato la fuga di miliziani dell’Isis da almeno una prigione e adesso preoccupa anche Washington, che “incoraggia” il presidente turco a fermarsi e prepara “sanzioni signficative che spegneranno, se serve, l’economia turca”. “Non mi fermo”, ha risposto il ‘sultano’, “nonostante le minacce di alcuni”. La strategia usata dai turchi in questi giorni ha visto alternarsi raid aerei e avanzata delle truppe di terra. Dopo il primo intervento degli F16 turchi nelle prime ore dell’operazione, mirato a distruggere depositi di armi Ypg, l’esercito turco e’ penetrato in Siria la sera del 9 ottobre ed e’ progressivamente avanzato in territorio siriano conquistando 11 villaggi delle province di Ras al Ayn e Tel Abyad ieri e altri due oggi, in seguito a nuovi raid aerei avvenuti nella notte. I jet di Ankara, cui lo spazio aereo siriano era stato in un primo momento negato dagli Usa, non si sono mai spinti oltre la profondita’ di 30 chilometri.

L’offensiva di terra e’ iniziata proprio con lo sfondamento dai valichi di frontiera in prossimita’ del nord est e nord ovest di Tel Abyad e Ras al Ayn, tra i centri piu’ importanti dell’area in cui i militari sono avanzati, rispettivamente, per 8 km e 4 km, ed e’ ancora concentrata nei dintorni dei due centri abitati, considerando che la conquista dei villaggi ha fatto registrare un avvicinamento progressivo alle due citta’. Sono al momento quattro le citta’ del nord della Siria, vicinissime al confine turco, sotto attacco da parte dell’artiglieria pesante di Ankara. Da ovest verso est il fronte parte da Tel Abyad, bersagliata oltre confine da Akcakale, Ras al Ayn, colpita da Ceylanpinari, mentre Kobane e’ sotto attacco da Suruc e Qamishli, estremita’ est del fronte turco, e’ bombardata da Nusaybin. In quest’ultima citta’ l’esplosione di un’autobomba ha fatto almeno sei morti e nove feriti. I curdi hanno attribuito all’Isis la responsabilita’ dell’attentato, e aggiunto che cinque miliziani dello Stato islamico sono fuggiti dalla prigione di Navkur, nella stesa area, in cui erano detenuti, rilanciando cosi’ l’allarme per una fuga di massa dei miliziani catturati nella guerra contro il sedicente Califfato. Il fronte d’attacco si e’ ampliato significativamente da ieri, e attualmente misura circa 280 dei 400 chilometri complessivi di cui Ankara vuole prendere il controllo.

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In base a quanto reso noto da Nazioni Unite e Ong, le citta’ di Tel Abyad e Ras al Ayn sono teatro di una disperata fuga di civili, che hanno lasciato le proprie abitazioni in seguito ai colpi di artiglieria pesante piovuti da oltre confine. All’artiglieria turca i curdi hanno reagito con colpi di mortaio che al momento hanno ucciso 9 civili turchi (tra cui un bambino di 9 mesi nato da famiglia di profughi siriani). Al momento risulta che almeno 7 civili siano invece morti nelle citta’ del nord della Siria colpite dall’artiglieria turca. All’offensiva si sono uniti gli uomini dell’esercito libero siriano (Els), intervenuto nell’area di Tel Abyad nella tarda mattinata di ieri e attualmente in controllo di alcuni dei villaggi conquistati dall’esercito turco. Sono circa 8 i miliziani Els morti in scontri oggi, oltre a quattro militari turchi (due ad Azaz, lontano dal terreno dell’offensiva e in aree controllate da Ankara): bilancio provvisorio, cosi’ come sara’ presto da aggiornare il numero dei miliziani Ypg uccisi, 342 in base a quanto dichiarato dal ministro della Difesa ed ex capo dell’esercito Hulusi Akar. Se in patria Erdogan si premura di silenziare le critiche (121 sono le persone arrestate per aver condiviso sui social proteste contro l’intervento), l’evolversi della situazione ha cominciato a preoccupare Washington. Il Pentagono ha “esortato con vigore” la Turchia a “porre termine” alle operazioni in Siria, pur sottolineando che appaiono, per il momento, “limitate” e non sembrano prefigurare un intervento vero e proprio.

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Con esse Ankara “rischia gravi conseguenze”, ha avvertito il ministro della Difesa americano, Mark Esper, riaffermando il “valore delle relazioni bilaterali strategiche” tra i due paesi e spiegando che gli Usa “non hanno abbandonato i curdi”. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha assicurato che “una esclusione della Turchia dal Patto atlantico e’ fuori discussione” e si e’ detto “fiducioso che l’intervento in corso sia proporzionato”. Sul versante europeo, si pone il tema di sanzioni ad Ankara. “E’ sul tavolo”, ha affermato Amelie de Montchalin, sottosegretario francese per gli Affari europei. “La Turchia deve capire – ha sottolineato il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk – che la nostra principale preoccupazione e’ che le sue azioni possano portare a un’altra catastrofe umanitaria. Non accetteremo mai che i rifugiati siano armi utilizzate per ricattarci. Le minacce del presidente Erdogan (il presidente turco aveva detto che avrebbe aperto i confini, ndr) sono totalmente fuori luogo”.

“L’Europa deve reagire con questa voce sola, non puo’ prevedere in futuro di continuare ad elargire risorse ulteriori alla Turchia senza pretendere un comportamento corretto dal punto di vista del diritto internazionale”, ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. “L’Unione europea sta saltando sul carrozzone dell’anti-Turchia”, ha reagito l’ambasciatore turco in Italia, Murat Salim Esenli, che si e’ detto “sconvolto e deluso per le dichiarazioni arrivate dal governo italiano”, che ieri lo aveva convocato per esprimergli la condanna italiana dell’offensiva di Ankara, “Cosa farebbe l’Italia se qualcuno tentasse di entrare in Piemonte, ad esempio dalla Francia, per attaccare l’Italia?”, si e’ chiesto, “spero che il governo italiano ai massimi livelli capisca la nostra esperienza”. “Per noi – ha sottolineato – l’Italia e’ un alleato importante, e’ un partner strategico con cui abbiamo regolari consultazioni e per questo abbiamo aspettative”.

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