Pg Cassazione, confermare 7 anni carcere

9 maggio 2014

L’ex senatore di FI condannato in secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Ora è detenuto in Libano: su di lui pende la richiesta di estradizione

È “ampiamente dimostrato” che Marcello Dell’Utri dal 1974 al 1992 sia stato il mediatore tra Silvio Berlusconi e Cosa nostra e che i pagamenti agli esponenti mafiosi siano arrivati puntualmente in quell’arco di tempo. È per queste ragioni che la Procura generale della Cassazione attraverso Aurelio Galasso chiede alla Suprema Corte di rendere definitiva la condanna a sette anni di reclusione per Marcello Dell’Utri accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il pg Galasso, nella sua ora di requisitoria, sottolinea come la sentenza della Corte d’Appello di Palermo sia “precisa e, a volte, addirittura un pò ridondante nel trattare con la stessa attenzione ed enfasi alcuni aspetti contestati a Dell’Utri anche irrilevanti”. Ma proprio per queste ragioni, dice il pg, la sentenza è ampiamente motivata. “Dell’Utri – afferma Galasso – ha tenuto rapporti stretti con esponenti mafiosi dal ’74 al ’92”. Si ricorda che invece è passata in giudicato l’assoluzione nei confronti dell’ex senatore di Forza Italia per le accuse successive al 1992.

Galasso contesta punto per punto i motivi della difesa di Dell’Utri e ricorda che “l’unico dato che conta è che Dell’Utri andò in banca e si presentò con Ciancimino. Questo – rileva – per dire che aveva contatti con esponenti mafiosi”. Il pg di Cassazione bacchetta ancora la difesa di Dell’Utri sostenendo che per legge non possono essere proposte nuovamente questioni di nullità, “nella specie poi -precisa Galasso- queste questioni sono state vagliate dalla Cassazione” con la sentenza del 9 marzo del 2012 con la quale fu annullata con rinvio la condanna per rivalutare le condotte dell’imputato tra il 1974 e il 1992 “per cui si è formato il giudicato interno”. Nella sua requisitoria la pubblica accusa di piazza Cavour ricorda che “la Cassazione già nel 2012, pur disponendo un Appello bis, aveva precisato che l’accordo tra Berlusconi e Cosa nostra c’era stato con la mediazione di Dell’Utri e che tale mediazione è stata portata avanti nel corso del tempo. Dal ’74 al 1992 si è formato il giudicato interno”. Galasso prende anche in considerazione il periodo in cui Dell’Utri non lavorava più alle dipendenze di Berlusconi ma era passato sotto Rapisarda.

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Anche a questo proposito Galasso spiega che “la Corte d’Appello, approfondendo anche gli aspetti marginali, da delle risposte precisa e spiega che anche in questo periodo Dell’Utri ha continuato a mantenere rapporti con esponenti mafiosi”. Punto “qualificante” della sentenza d’Appello bis, per il pg della Cassazione è quello laddove “la sentenza dimostra che dal ’78 all’82 i pagamenti sono dimostrati. Vengono descritte puntualmente anche le modalità di pagamento e come non ci sia mai stata interruzione”. Nulla da eccepire per la Procura della Cassazione anche sulle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia ‘de relatò. Inoltre, ha aggiunto Galasso, “ è provato che dall’83 al ’92 sono continuati i pagamenti tramite Dell’Utri”. Il pg ricorda poi come adeguatamente la Corte d’Appello di Palermo abbia spiegato che nemmeno il mutamento dei vertici di Cosa nostra abbia modificato “in alcun modo l’impegno finanziario del gruppo Berlusconi nei confronti dell’organizzazione criminale”. I milioni arrivarono nelle mani di Totò Riina attraverso Cinà e sarebbero proseguiti quantomeno fino al 1992.

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