Pittsburgh come metafora del Tutto: W. Eugene Smith al MAST

18 maggio 2018

Quello che resta di un tentativo titanico di raccontare, attraverso la fotografia, una città americana, Pittsburgh, al culmine del proprio sviluppo economico alla metà degli anni Cinquanta del Novecento. Il MAST di Bologna ospita 170 stampe vintage di W. Eugene Smith, uno dei maestri della fotografia moderna, ossessionato dall’idea di rappresentare l’assoluto, anche attraverso il racconto per immagini di una città industriale. E quello che si percepisce, visitando le stanze del museo bolognese, è proprio il senso di lavoro in divenire, nonché il tentativo, a volte disperato, a volte ironico, di abbracciare con l’occhio della fotocamera, semplicemente Tutto. Urs Stahel, curatore della mostra del MAST: “Se consideriamo la fotografia in bianco e nero degli ultimi 150 anni – ha detto ad askanews – in particolare l’epoca delle stampe alla gelatina d’argento, che inizia negli anni Venti e dura fino alla fine degli anni Ottanta, i lavori di W. Eugene Smith sono semplicemente dei capolavori, per il modo in cui guarda al mondo, per il loro tentativo di essere iconici, perché sono fotografie che non solo mostrano cose, ma sono simboli”.

Come ogni artista che si rispetti – e lui è stato a tutti gli effetti un visionario capace di fissare sulla pellicola vere e proprie icone – Smith lavora sulla realtà, la costruisce, creando quel racconto clamorosamente vero attraverso diversi livelli di interpretazione, che possiamo anche definire di finzione. “Parliamo di bugie – ha aggiunto il curatore – ma in senso positivo, perché si tratta di creare qualcosa e Smith era un creatore”. Resta poi, in questo progetto su Pittsburgh, la portata grandiosa della sfida e, soprattutto, l’approccio del fotografo alla stessa. Basti pensare che inizialmente erano previste da 4 a 6 settimane di lavoro sul campo, ma Smith ha poi effettivamente fotografato per tre anni. Eppure, anche questo tempo non è bastato per completare il suo “romanzo visivo totale”, probabilmente perché completarlo era impossibile. “Quando il tuo obiettivo è assoluto – ha concluso Urs Stahel – è inevitabile fallire. La sua autostima, il suo pensare a questo progetto era così grande, che l’unica possibilità era il fallimento. Ma nel tentativo di raggiungere quell’obiettivo ha realizzato una serie di fotografie incredibili. Sì, ci diciamo oggi, Smith ha fallito, ma quello che ha lasciato sono comunque cose molto migliori di quelle che si erano viste fino ad allora in fotografia”. La mostra “W. Eugene Smith: Pittsburgh – Ritratto di una città industriale” resta aperta al pubblico fino al 16 settembre.

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