Poliziotti e testimoni raccontano l’arresto di Battisti: “Un uomo sconfitto”

15 gennaio 2019

Stanco e spaesato: cosi’ e’ apparso Cesare Battisti agli uomini del Gom, il Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria che ieri lo hanno preso in consegna a Roma e portato nel carcere di Oristano. Nessuna rimostranza, Battisti ha parlato poco: in volo ha domandato piu’ volte “dove mi portate?”. Tra le poche cose che ha chiesto di avere, la foto di uno dei figli.

IL TESTIMONE

E’ proprio dalla Bolivia che arrivano nuovi dettagli sulla cattura e nuove immagini di qualche minuto prima dell’arresto a Santa Cruz. Battisti, jeans e camicia nera, attraversa la strada seguito da un agente, non lontano da un’officina di riparazioni di motociclette le cui telecamere di sorveglianza lo hanno ripreso. Un meccanico che lavora lì, racconta: “E’ passato qui di mattina, non era la prima volta, penso di averlo già visto altre quattro volte, non di più” dice Osvaldo Blanco, 35 anni che descrive gli attimi dell’arresto. “Ha attraversato la strada, poi ho visto la polizia che lo fermava e sembrava come se già sapessero bene chi fosse. Lo stavano già seguendo da tempo, per come mi è sembrato, la polizia era alle sue spalle, lui non ha detto nulla”. “Lo hanno preso a mezzo isolato da qui, gli hanno puntato una pistola contro, la polizia lo ha afferrato, gli hanno bloccato le braccia, poi hanno sparato due colpi in aria. Hanno parlato per circa 15 minuti, lo hanno fatto salire in un’auto e sono partiti”.

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I POLIZIOTTI CHE LO HANNO ARRESTATO

Un “uomo sconfitto”, che “forse per la prima volta ha capito di dover passare anni in carcere. Si e’ accasciato sulla sedia”. Emilio Russo, primo dirigente di Polizia in forza allo Scip, e Giuseppe Codispoti, vice questore di Polizia, raccontano i momenti della cattura di Cesare Battisti. Sono loro due ad averlo individuato sabato a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, e una volta avuta certezza che fosse il superlatitante l’hanno segnalato alla polizia locale, con cui hanno operato in strettissima collaborazione, che l’ha quindi fermato fingendo che si trattasse di un normale controllo. Cosi’ normale che Battisti non ha avuto sospetti ne’ esitazioni nel dare il proprio documento d’identita’ e seguire i poliziotti locali negli uffici del commissariato di zona.

Nessun sospetto anche perche’ Russo e Codispoti, dopo averlo identificato attraverso l’osservazione e verifica a distanza delle sue caratteristiche somatiche nonostante il pizzetto colorato e quindi segnalato ai colleghi boliviani, si sono tenuti in disparte, hanno evitato che Battisti li notasse in strada o in auto. I loro tratti somatici di tipo europeo avrebbero infatti sicuramente allarmato Battisti. Dunque solo una volta in commissariato, il ricercato si e’ trovato davanti i due poliziotti, i quali gli si sono qualificati. “E li’ – raccontano ancora Russo e Codispoti – lui si e’ come accasciato sulla sedia su cui stava. Era un uomo sconfitto, rassegnato”.

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Non ha parlato molto Battisti dopo l’arresto, se non per dire che “sentiva il fiato sul collo, percepiva che la polizia italiana fosse sulle sue tracce”. I due poliziotti hanno anche detto che l’impressione e’ stata quella di un Battisti “stanco, alla fine quasi fosse per lui una liberazione l’essere preso”. Ma anche “consapevole di dover trascorrere un lungo periodo di detenzione in Italia”. I due poliziotti hanno riferito, inoltre, della loro soddisfazione professionale per l’esito positivo dell’indagine che ha visto operare sinergicamente anche Digos e procura generale di Milano, c’e’ stato l’abbraccio con i colleghi boliviani e quindi le telefonate ai rispettivi capi, il vice capo della polizia e il capo dell’antiterrorismo interno, per dire “ce l’abbiamo”.

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