Il premio Nobel per la Pace assegnato a Denis Mukwege e Nadia Murad

Il premio Nobel per la Pace assegnato a Denis Mukwege e Nadia Murad
Denis Mukwege e all'attivista yazida Nadia Murad
5 ottobre 2018

Il premio Nobel per la Pace è stato assegnato oggi al ginecologo congolese Denis Mukwege e all’attivista yazida Nadia Murad per la loro lotta contro l’uso della violenza sessuale come arma di guerra. Mukwege – ha spiegato il Comitato per il Nobel – ha dedicato la sua intera vita a difendere e curare migliaia di vittime delle violenze sessuali in aree di guerra della Repubblica democratica del Congo.

Il medico congolese ha ripetutamente condannato gli stupri di massa e criticato il governo congolese e di altri paesi per non aver fermato l’uso della violenza sessuale contro le donne come strategia e arma di guerra. Murad, invece, è una testimone diretta delle violenze subite dalle donne yazide da parte dello Stato islamico. Ha raccontato le sue sofferenze come prigioniera nelle mani degli aguzzini jihadisti. Sono circa 3mila le ragazze e le donne yazide stuprate e vittime di orribili abusi da parte dell’Isis.

NADIA MURAD 

A 25 anni Nadia Murad è sopravvissuta alle peggiori violenze e traversie. Oggi è stata insignita del premio Nobel per la Pace, un riconoscimento per un percorso di testimonianze del martirio subito dal suo popolo, il popolo yazida dell’Iraq, e soprattutto dalle donne. Originaria del villaggio di Kosho, vicino al bastione yazida di Sinjar, una zona di confine tra Iraq e Siria, nel 2014 fu sorpresa come tutti dalla folgorante conquista dello Stato islamico (Isis). In un giorno di agosto pick-up con la bandiera nera fecero irruzione nel suo villaggio, uccidendo gli uomini, catturando i bambini per farne soldati, e imprigionando migliaia di donne per farne schiave sessuali.

Ancora oggi Nadia Murad, come la sua amica Lamia Haji Bashar con la quale ha ottenuto nel 2016 il Premio Sakharov del Parlamento europeo, non cessa di ripetere che 3miila yazide sono ancora date per disperse, probabilmente sono ancora prigioniere. I jihadisti hanno voluto “prendere il nostro onore, ma hanno perduto il loro”, ha affermato di fronte agli eurodeputati. L’Onu l’ha nominata “ambasciatrice per la dignità delle vittime del traffico di esseri umani”. Questo traffico, Nadia Murad l’ha vissuto sulla sua pelle. Condotta a Mosul, la “capitale” irachena del Califfato nero, il suo calvario è durato mesi. Torture, stupri collettivi. E’ stata venduta e rivenduta diverse volte nei mercati di schiave dei jihadisti. E’ stata costretta a rinnegare la sua religione, non le è stato risparmiato niente.

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Gli yazidi sono una popolazione curdofona, hanno una religione esoterica ancestrale che crede a un Dio unico e al “capo degli angeli”, rappresentato da un pavone. Per i fondamentalisti Isis sono degli eretici. Murad è stata “sposata” con la forza a un jihadista che la picchiava. “Incapace di resistere agli stupri e alla violenza”, ha raccontato lei stessa di fronte al Consiglio di sicurezza Onu, è scappata anche grazie all’aiuto di una famiglia musulmana di Mosul. Con falsi documenti d’identità si è rifugiata nel Kurdistan iracheno, ad alcune decine di km a est di Mosul, dove si è riunita a gruppi di altri profughi in un campo.

Dopo aver appreso della morte di sei dei suoi fratelli e della mdre, si è messa in contatto con un’organizzaizone di aiuto agli yazidi, grazie alla quale è riuscita a contattare la sorella in Germania. Lì, dove vive ancora oggi, si occupa di aiutare gli yazidi, è diventata una portavoce ascoltata del suo popolo, che contava 550mia persone in Iraq prima del 2014. Adesso circa 100mila di loro hanno lasciato il paese e altri sono in Kurdistan.

DENIS MUKWEGE

Il dottor Denis Mukwege non s’è mai rassegnato all’orrore. Da anni cura e protegge le donne violentate di guerre dimenticate nell’est della Repubblica democratica del Congo. Un impegno che è all’origine del Premio Nobel per la Pace assegnatogli oggi a Oslo. A due mesi e mezzo dalle cruciali elezioni nella Repubblica democratica del Congo, i giurati del Nobel hanno ricompensato una delle voci più severe contro il regime del presidente Joseph Kabila, un uomo molto più ascoltato fuori dal suo paese che dentro. “L’uomo cessa di essere uomo quando non sa più donare l’amore e la speranza agli altri”, ha dichiarato nel 2015 al personale dell’ospedale di Panzi, che dirige e Bukavu, capitale della provincia di Sud Kivu. A 63 ani, sposato e padre di cinque figli, Mukwege avrebbe potuto restare in Francia dopo gli studi a fare la placida e agiata vita del medico. Ha fatto a scelta di tornare al suo paese, di restarvi nei momenti più cupi.

Profondamente credente, figlio di un pastore pentecostale, “vive i suoi valori in tutto quel che fa” e soprattutto “non si rassegna mai”, ha testimoniato un’europea che lavora con lui da diversi anni a Panzi. Con la sua lotta per la dignità delle donne di Kivu, è diventato anche portavoce dei milioni di civili minacciati dai gruppi armati o dai banditi della regione. Lui stesso è per un soffio sfuggito alla morte a ottobre 2012, quando tentarono di ucciderlo. Dopo un breve esilio in Europa, è rientrato nel 2013 a Bukavu. E non ha disdegnato di spendere il suo nome anche per altre campagne. Quest’anno è stato in Iraq per lottare contro la stigmatizzazione delle donne stuprate yazide. Tra loro c’è anche Nadia Murad, l’altro Premio Nobel per la Pace.

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Mukwege vive nella struttura di Panzi, sotto la protezione dei soldati della Missione delle Nazioni unite in Congo (Monusco). “E’ un uomo retto, giusto e integro, ma intrattabile nei confronti della mediocrità”, che vuole rendere Panzi un modello in linea con “le norme internazionalmente riconosciute”, ha commentato il medico Levi Luhiriri, che lavora nell’ospedale. Nato a marzo 1955 a Bukavu, in quello che era allora il Congo belga, Mukwege è il terzo di nove figli. Dopo gli studi di medicina in Burundi, è entrato nel paese per lavorare all’ospedale di Lemera, in Sud Kivu, per creare il servizio ginecologico. Ha scoperto lì la sofferenza delle donne che sono regolarmente vittime di gravi lesioni genitali post-parto che subiscono le donne.

Durante la prima guerra del Congo, nel 1996, il suo ospedale è stato totalmnete devastato. Nel 1999 Mukwege ha creato l’ospedale di Panzi, concepito per mettere aloro agio le donne che hanno subito violenze durante la seocnda guerra del Congo (1998-2003), caratterizzata da stupri di massa. Una vera e propria “guerra sul corpo delle donne”, nella formula pronunciata dallo stesso medico congolese. Ancora oggi queste violenze continuano. “Nel 2015 avevamo osservato una diminuzione sensibile delle violenze sessuali. Purtroppo dopo la fine del 2016-17 c’è stato un aumento”, ha confidato a marzo.

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