Presentata antologia di poesie delle detenute

1 luglio 2014

Emozione, curiosità, fervore… E poi ancora commozione, solidarietà, silenzio e applausi che s’alternavano, s’intersecavano lieti o struggenti nello stesso modo… La presentazione presso la Sala Teatro del carcere romano di Rebibbia, sezione femminile – di “Aspetto l’attesa (e spero la speranza)”, una vitalissima antologia con le poesie più belle delle detenute (Edizioni Pagine – Licenza Poetica, pp. 122,  Euro 15,00), non è stato solo un apprezzato successo editoriale ma un appuntamento importante con le energie sane, la presa di coscienza d’un paese che davvero voglia dirsi civile. Poesie, dunque, ma anche pensieri, riflessioni, lettere, frammenti d’un diario ininterrotto che medita sul passato ma costruisce, lenisce il sogno/bisogno dell’oggi – e soprattutto di un domani che è già dentro di loro, e presto varcherà, coi versi sta già varcando la reclusione forzata di quelle sbarre, una prigionia che mai, però, deve diventare negazione dell’anima, rinuncia a rinnovarsi, progettarsi nel fuori…

Il progetto didattico, che si è snodato in un ‘laboratorio di poesia’ condotto da Plinio Perilli e Nina Maroccolo – due poeti di ruolo molto attivi anche nel sociale (in collaborazione con Antonella Cristofaro, che a Rebibbia insegna italiano abitualmente per tutto l’anno scolastico, sotto gli auspici dell’Istituto ITIS, “J. Von Neumann”) – ha espresso un corso di scrittura creativa che si è animato ogni lunedì pomeriggio, dal dicembre 2013 a questo giugno del ’14. I testi sono stati raccolti ma prima ancora letti, incoraggiati, discussi… Alcune liriche sono state anzi espressione d’un brioso lavoro di gruppo, d’un dosato e cadenzato estro collettivo, o dialogo a più voci – che ha formato e rafforzato come un cerchio solidale, un rito e sfida d’intimità risanata, pacificata. Rita, Jasmine, Anna Maria, Grace, Lyse, Ileana, Bianca, Anthony, Samanta, Erika, Natalya, Lorena… hanno insomma poetato se stesse (madri, mogli, figlie…) ma anche per dare voce, dignità e coraggio a tutte le altre colleghe, prolungando le loro parole fino alle nostre, così che i loro versi diventassero anche i nostri, dolci o amari ma inscindibili.

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Lo spirito di questo laboratorio, fortemente voluto dalla direttrice della Casa circondariale romana, sezione femminile, Ida Del Grosso, e dagli editori Luciano e Letizia Lucarini, e realizzato anche con il contributo di Fondazione Roma – Arte – Musei vede oggi in questo libro la consacrazione, nonché l’affettuosa pubblicazione di liriche veramente nate dalla vita, da quei muri chiusi, forse proprio per questo sublimati di cielo, impennati e sconfinati d’azzurro.

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