Pulp Fiction, ritorna dopo 20 anni

31 marzo 2014

Grazie all’estro di Quentin Tarantino, si ritorna al cinema di in cult del calibro di Pulp Fiction, nelle sale del circuito The Space Cinema di tutta Italia, il 7, 8 e 9 Aprile 2014, vietato ai minori di 14 anni sin dal 1997, per le stesse ragioni che nel 1994 lo vietarono in Italia ai minori di 18 anni. Insomma, dopo 20 anni è l’occasione ideale per rispolverare le ragioni che hanno reso il secondo lungometraggio di Tarantino un cult tra i più amati da critica e pubblico, capace di stravolgere ritmi e regole, di generi e logica, con una sofisticata struttura spazio-temporale, ispirata dal pulp magazine Black Mask (in origine anche il titolo di lavorazione della pellicola).

Una struttura narrativa circolare, suddivisa in capitoli e coppie, che mescola tempi e luoghi, segni e feticci, violenza estrema e un fiume di parole, contribuendo a rendere routine anche il crimine più efferato, i sermoni preludi all’omicidio, e l’ironia un balsamo necessario. Un viaggio nel mondo del crimine trasformato nell’effige della cultura pulp, che parte e torna nella tranquilla caffetteria alla periferia di Los Angeles, dove la coppia scoppiata di rapinatori che si chiamano affettuosamente Zucchino (Tim Roth) e Coniglietta (Amanda Plummer), (tradendo da subito il tono di dialoghi, scene ed etica criminale a seguire), dopo aver discusso a lungo del modo migliore di far soldi, rapinano il locale con pistola spianata.

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In mezzo, tra un capitolo e l’altro, storie diverse, separate da dissolvenze in nero, e unite da legami svelati nel corso del film, scorrono fiumi di sangue, sparsi dalla coppia di killer Jules Winnfield (Samuel L. Jackson) e Vincent Vegae (John Travolta) al soldo del temibile boss Marsellus Wallace (Ving Rhames). Tra chiacchierate sugli hamburger all’europea e regolamento di conti, misteriose valigette, incidenti di percorso e amici utili (Quentin Tarantino) , ripulitori professionali con il carisma e l’eloquenza di Mr Wolf (Harvey Keitel), flashback di ragazzini con orologi d’oro sporchi di guerra del Vietnam consegnati da militari valorosi (Christopher Walken), pugili suonati che vincono incontri che dovrebbero perdere (Bruce Willis) e si redimono facendo a fette stupratori sadici con un katana (prima di “Kill Bill”), punizioni medievali e pupe del capo in overdose, si torna sui sedili rossi imbottiti dell’Hawthorne Grill, con la rapina di Ringo (zucchino) e Yolanda (coniglietta), sventata da un sermone non letale di Jules, mentre Vincent è in bagno, anche se in teoria proprio a causa di una delle sue sedute in bagno, era già morto per mano del pugile, in un capitolo precedente.

Un finale che rende ancora più manifesto l’ordine temporale scombinato e geniale del film, rimescolato come il ritmo rock, funk e blues della colonna sonora (a seguire), perfettamente in sintonia con la violenza e l’umorismo nero del film, i personaggi che si muovono tra le righe di una realtà che non lesina sfumature grottesche, e si riscatta con l’ironia.

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