“Quell’altro là”. Di Maio snobba Salvini che gli ricorda: “Mi chiamo Matteo…”

“Quell’altro là”. Di Maio snobba Salvini che gli ricorda: “Mi chiamo Matteo…”
Matteo Salvini e Luigi Di Maio
30 luglio 2019

“Ogni volta che si deve approvare un provvedimento, in Parlamento o in Consiglio dei ministri, ogni sera ci dobbiamo sedere al tavolo io, Conte e quell’ altro là e dobbiamo fare un accordo di maggioranza”. Un linguaggio eloquente, quello di Luigi Di Maio nei confronti di Matteo Salvini (“Quell’altro là”), più che sufficiente per certificare, per l’ennesima volta, l’aria che si respira tra i due soci del governo gialloverde. Il capo politico del M5, ha parlato con questi toni agli attivisti in Calabria per spiegare loro le riforme interne del MoVimento. Non solo, Di Maio ha rimarcato che i suoi parlamentari lamentano la lentezza delle decisioni dei colleghi del Carroccio, che – a detta del leader pentastellato – dipenderebbero dal fatto che sia il ministro dell’Interno a dire sempre l’ultima parola. Salvini, a cui non sfugge neanche una mosca, ha subito risposto: “Quell’altro? Mah… Posso non stare simpatico ma ho un nome, mi chiamo Matteo…”. Dopo che la frittata a cinque stelle è stata fatta, dallo staff di Di Maio hanno fatto sapere che il ministro dello Sviluppo “è una persona schietta e sincera”. “Nella fattispecie, si è solo concesso un linguaggio più colloquiale e diretto in virtù della circostanza”.

Sarà “colloquiale” ma di certo non c’è pace a Palazzo Chigi. E all’orizzonte, non si intravede nessun ramoscello d’ulivo. D’altronde, i terreni di scontro tra i due firmatari del contratto non fanno altro che aumentare. Erano tanti prima di formare il governo, sono tantissimi ora che invece Lega e M5s sono consapevoli di avvicinarsi al capolinea. E non parliamo solo di decreto Sicurezza bis, pronto per approdare in Senato, per il via libera definitivo; infatti il decreto deve essere convertito in legge entro il prossimo 13 agosto. Non parliamo neanche solo di Tav, ma parliamo soprattutto della riforma della Giustizia, da mesi evocata dal ministro pentastellato, Alfonso Bonafede, e sui cui in queste ore torna alla carica. Di certo, il pentastellato di Mazara del Vallo sa che realizzare una “vera” riforma della giustizia, equivarrebbe piazzare un’importante bandiera, ridando anche linfa al MoVimento. Come sa anche, Bonafede, che l’impresa è pari a un terno al lotto miliardario.

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Tuttavia, accelera, sottolineando la necessità di discutere il testo nel prossimo Consiglio dei ministri. La riforma, ha affermato il ministro della Giustizia, “è fondamentale per l’economia e la vita dei cittadini”, appellandosi alla Lega affinché “non la blocchi”. Il Carroccio, non è certo entusiasta. Matteo Salvini ha detto di temere che la Riforma dei processi proposta da Bonafede invece che accorciare i tempi li allunghi, ma per il ministro della Giustizia “chiaramente questo non è vero”. “Non so – ha detto il Guardasigilli – quale versione abbia letto il ministro Salvini”. Come neanche noi, sappiamo quanto versioni ce ne siano. In ogni caso, Bonafede gioca al rilancio: “Ora siamo al punto della verità: si va al Consiglio dei ministri e mi aspetto che una Riforma così importante vada avanti perché bloccare la Riforma vuol dire bloccare l’economia di questo paese”.

Ma Salvini non ne vuole sapere. E continua a ripetere che “ho letto una bozza di riforma della giustizia che non mi piace perché non taglia i tempi dei processi, non separa le carriere, non introduce il merito”. E in attesa del prossimo Consiglio dei ministri, continuiamo ad assistere allo scontro tra Lega e M5s sulla Tav accentuatosi dopo il via libera ai cantieri del premier, Giuseppe Conte. S’è anche sfiorata la farsa avendo chiesto i leghisti al M5s finanche le dimissioni. Per non parlare della figuraccia che ha fatto il governo gialloverde, nell’inviare a Bruxelles la lettera, con cui l’Italia conferma l’intenzione di proseguire nella realizzazione della Torino-Lione, senza la firma del ministro pentastellato dei Trasporti, Danilo Toninelli. Come dire…

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