Quell’amicizia scienza-fede promossa dai gesuiti della Specola

Quell’amicizia scienza-fede promossa dai gesuiti della Specola
8 maggio 2017

Era poco più di dieci anni fa, il 2005, quando in seno al cattolicesimo, scoppiò la polemica su evoluzionismo e creazionismo. A scontrarsi furono due big della Chiesa allora guidata da Papa Joseph Ratzinger. Da una parte il cardinale di Vienna Christoph Schoenborn, che in un intervento pubblicato dal New York Times sembrò sposare le idee del disegno intelligente allora in voga negli Stati Uniti, minimizzando quanto affermato da Giovanni Paolo II nel 1996 (l’evoluzione è “più di un’ipotesi”). Dall’altra il gesuita che all’epoca guidava la Specola vaticana, padre George COyne, che in un articolo per The Tablet scrisse senza mezzi termini che l’intelligent design “non è scienza”. Lo stesso Bendetto XVI, che a queste tematiche dedicò uno dei seminari estivi che anche da Pontefice teneva con i suoi ex allievi di teologia, proprio a Castel Gandolfo, dove ha sede l’osservatorio astronomico del Vaticano, affermò che la teoria dell’evoluzione presenta alcune “lacune”, e pur non volendo “stipare il buon Dio in queste lacune: è troppo grande per potervi trovare posto”, accennò comunque all’idea di una “doppia razionalità” – quella della materia e quella del processo evolutivo – per poi domandarsi: “C’è una razionalità originaria che si rispecchia in queste due zone e dimensioni della razionalità?”. Il tema del rapporto tra religione e scienza, tra teologia e ricerca di laboratorio, che si parli di cosmologia, evoluzione o biologia, insomma, ancora di recente ha sollevato discussioni e divergenze dentro la Chiesa. Nonostante il “mea culpa” di Papa Karol Wojtyla su Galileo Galilei, e sebbene Papa Joseph Ratzinger si sia speso strenuamente per la compenetrazione di fede e razionalità. Il Pontefice tedesco, peraltro, non voleva esagerare, col rischio, a suo avviso, di prestare il fianco a chi critica la Chiesa.

Un progetto di statua dedicata proprio a Galileo, già realizzata in miniatura e destinata ai giardini vaticani, proprio nel corso pontificato di Benedetto XVI fu archiviata dai piani alti del Palazzo apostolico. Meno sfumata la posizione che prese Papa Francesco. “Il Big-Bang, che oggi si pone all’origine del mondo, non contraddice l’intervento creatore divino ma lo esige”, ha affermato nel 2014 alla Pontificia Accademia delle Scienze. “L’evoluzione nella natura non contrasta con la nozione di Creazione, perchè l’evoluzione presuppone la creazione degli esseri che si evolvono”. Jorge Mario Bergoglio viene da un ordine, quello dei gesuiti, che in epoca moderna non ha avuto timore di confrontarsi con le scoperte – e i dubbi – sollevati dalla ricerca scienficia. Se gesuita è quel cardinale Roberto Bellarmino che condannò Galileo – dopo averlo incoraggiato – all’abiura, ai gesuiti, più recentemente, Papa Pio XI affidò la Specola vaticana, quando a causa della urbanizzazione di Roma essa traslocò dal Vaticano al meno luminescente Castel Gandolfo (e oggi, raggiunta dalla luminescenza, si è ulteriormente trasferita, per le osservazioni cosmologiche, nel deserto dell’Arizona). La specola era stata fondata nel 1891 da Papa Leone XIII per contrastare le persistenti accuse fatte alla Chiesa di essere contraria al progresso scientifico. Ora l’osservatorio vaticano ospita la conferenza scientifica “Buchi Neri, Onde Gravitazionali e Singolarità dello Spazio-Tempo” (Black Holes, Gravitational Waves and Space-Time Singularities) che avrà luogo da domani e venerdì, 9-12 maggio, a Castel Gandolfo. Le scoperte recenti, come le onde gravitazionali, spingono sempre più la comunità scientifica a domandarsi cosa c’è all’origine dell’universo. “La creazione di Dio avviene continuamente, se pensassimo che Dio è un creatore che agisce nel solo momento del big bang sarebbe ridurlo a una figura come Giove, che non è il Dio nel quale i cristiani credono”, ha spiegato fratel Guy Consolmagno, direttore della Specola, presentando oggi l’evento in sala stampa vaticana. “Sarebbe un crimine se solo gli atesi si potessero occupare della scienza, perché ciò eliminerebbe così tanti scienziati fantastici!”.

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