Raggi vuole 1,8 miliardi di euro, martedì tavolo con Calenda

Raggi vuole 1,8 miliardi di euro, martedì tavolo con Calenda
Il sindaco di Roma, Virginia Raggi
15 ottobre 2017

C’e’ l’entita’ delle risorse economiche a disposizione del Campidoglio dietro alla ‘contesa’ verbale a distanza che per due settimane ha visto contrapposti il sindaco Virginia Raggi e il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Al di la’ delle schermaglie dialettiche sulla data di convocazione del tavolo di lavoro, la posta in gioco sono i finanziamenti destinati alle casse comunali, che tutti gli ultimi sindaci, a prescindere dall’appartenenza partitica o dello schieramento politico, hanno giudicato insufficienti. La sindaca M5s e il ministro del governo a guida Pd ne discuteranno nel corso della riunione convocata al Mise per martedi’ 17 ottobre, assieme alle parti sociali. Roma non riesce a modernizzarsi, per farlo avrebbe bisogno di reinventare il suo modello di sviluppo. Per decenni la citta’ e’ stata trainata da un mix basato sull’economia del cemento, il pubblico impiego legato alla presenza di molte sedi istituzionali e il terziario: tutte leve economiche che in parte sono appannate. E allora, per diventare piu’ attrattiva in altri settori di mercato, la Capitale ha bisogno di servizi pubblici di qualita’ ed infrastrutture, sia materiali che digitali, ma le casse capitoline languono. Il bilancio di Palazzo Senatorio si aggira attorno ai 5 miliardi di euro annui: 3,2 miliardi se ne vanno per pagare i servizi erogati dal Comune e dalle sue 26 partecipate – dagli asili ai trasporti, passando per rifiuti e case popolari – mentre un altro miliardo viene usato per le busta paga dei 23mila dipendenti capitolini. Considerando 200 milioni l’anno destinati alla gestione commissariale del debito storico ed un tasso di evasione delle tasse comunali attorno al 10%, per gli investimenti resta ben poco. Finisce che di fatto il Campidoglio spende solo per l’ordinaria amministrazione.

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A fine 2010 una legge nazionale ha rinominato l’ente in Roma Capitale, ma questo non ha significato disporre di risorse aggiuntive per il ruolo di Capitale come quelle – per restare in Europa – di cui godono Parigi, Berlino e Madrid. Per la capitale italiana solo 110 milioni di euro a partire dal 2014 come riconoscimento degli extracosti legati alle manifestazioni e alla presenza delle sedi istituzionali. A settembre un dossier del Mise – pubblicato dal quotidiano ‘Il Messaggero’ – ha lanciato l’allarme sul “declino Capitale”, parlando di Pil cittadino calato del 6% e di fuga delle grandi aziende. Il 2017 si chiudera’ con Sky che quasi certamente dismette buona parte della sede romana per trasferirsi a Milano, e a breve potrebbero seguirla Mediaset e la Esso. Tra le cause della fuga delle multinazionali, una tassazione locale elevata, con le aliquote Irpef piu’ alte d’Italia, servizi considerati scadenti e la lentezza della macchina amministrativa. In proposito, basti pensare che per aprire la nuova sede della Rinascente, megastore delle griffe di lusso in centro con 700 lavoratori, sono serviti 11 anni, comprendendo in questo arco di tempo quelli per gli effettivi lavori e il tempo necessario per i permessi, le affrontare le questioni derivanti dalle scoperte archeologiche, i ritardi burocratici. E – per restare in tema di burocrazia nella capitale – si e’ arrivati all’apertura pomeridiana degli sportelli comunali al pubblico solo dopo mesi di trattativa sindacale durante l’amministrazione guidata da Marino.

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Pesano anche gli insuccessi degli interventi urbanistici piu’ recenti. I fondi stanziati da Comune e dal governo centrale per il Giubileo straordinario della Misericordia sono arrivati a singhiozzo, tanto che ancora un anno dopo la fine dell’evento (novembre 2016) il Campidoglio e’ alle prese con le gare di appalto di alcune opere che dovevano essere pronte prima dell’inizio dell’Anno Santo. Mentre le ultime grandi infrastrutture realizzate – la nuova Fiera, la stazione Tiburtina e il centro congressi la Nuvola – sono costate in totale oltre 700 milioni di euro ma non hanno prodotto i risultati attesi sull’economia cittadina. La Raggi chiede al governo piu’ poteri e fondi (1,8 miliardi di euro stimati con l’agenda per la citta’), tramite una piena attuazione della legge su Roma Capitale, un progetto che la sindaca ha ribattezzato “Fabbrica Roma”. Calenda ha posto la ripresa di Roma come questione nazionale e nei giorni scorsi ha replicato “Continuo a ricevere lettere sconclusionate sui piu’ vari argomenti”. Una disputa su cui pesa un’ulteriore incognita, legata ai tempi di lavoro del tavolo. La legislatura termina all’inizio del prossimo anno, e senza un accordo immediato tra le parti difficilmente il tavolo potra’ arrivare a conclusioni concrete, che si tratti di uno stanziamento di risorse ad hoc o di agevolazioni fiscali per le imprese che decidono di investire nella Capitale. Il rischio, insomma, e’ che alla polemica verbale possa seguire un nulla di fatto.

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