Rebus leadership Pd, Gentiloni frena. E Calenda e Renzi guardano al centro

Rebus leadership Pd, Gentiloni frena. E Calenda e Renzi guardano al centro
L'ex segretario del Pd, Matteo Renzi
13 giugno 2018

Assemblea il 7 o l’8 luglio e congresso entro l’anno. Le vari anime del Partito Democratico, sebbene con motivazioni diverse, sembrano convergere sulla prima soluzione disponibile per individuare una leadership che possa guidare il partito contro la maggioranza gialloverde. I risultati delle amministrative, poi, se da una parte certificano che il Pd non e’ del tutto al tappeto, dall’altra offrono lo scenario di un Matteo Salvini che fagocita pezzo dopo pezzo l’elettorato di destra.

Tra i renziani il risultato delle elezioni e’ accolto con sollievo: piu’ ancora che l’attesa ma non scontata vittoria di Brescia, a incoraggiare l’ottimismo sono i ballottaggi in Toscana ed Emilia dove si temeva di perdere terreno. Certo, come sottolineato anche da Walter Veltroni, il 27 per cento di Siena e il 15 di Pisa confrontati alle percentuali storiche del Pd in quei comuni deve far riflettere. Ma il partito ha tenuto, sottolineano fonti parlamentari vicine a Matteo Renzi che rimarcano anche l’importanza della vittoria a Trapani, nella Sicilia che ha duramente punito i dem agli ultimi due appuntamenti con le urne.

Soddisfatto, ma piu’ cauto, il fronte che fa capo a Maurizio Martina. Di fronte alla crescita della Lega e del centrodestra – e’ il ragionamento dei dirigenti nazionali Pd – occorre organizzarsi al piu’ presto per non perdere ulteriore terreno. “C’e’ una opposizione in campo che fa il suo dovere, ora serve costruire una alternativa per il dopo. Direzione e assemblea del Pd vanno convocate presto. Non per dividerci ma per sommare le forze e affrontare una stagione nuova e terribilmente difficile dalla quale dipende il nostro futuro”, dice Gianni Cuperlo.

Una premura che nella vasta componente che si e’ coagulata attorno a Martina e’ spiegata con la necessita’ di organizzare l’opposizione a un governo che si caratterizza per posizioni di estrema destra, ma anche da un certo “clima di restaurazione” che si comincia a respirare. Rimane da risolvere il rebus dei candidati. Ma anche quello delle piattaforme, ovvero del profilo da dare al partito che verra’. Sul terreno ci sono due possibilita’: quella del ritorno a un partito ‘pilastro’ di una alleanza larga che comprenda la sinistra, ma soprattutto il mondo dell’associazionismo, le reti sociali. Dall’altra quella del Fronte Repubblicano caldeggiata da Carlo Calenda che guarda al centro e aspira a parlare all’elettorato moderato di centro.

Una alternativa, quest’ultima, che sembra convincere anche Renzi. Per i primi il candidato segretario naturale dovrebbe essere Nicola Zingaretti, colui che con la sinistra ha governato ed e’ stato confermato alla Regione Lazio. “Il segno complessivo delle amministrative e’ positivo per il Pd”, sottolinea il segretario reggente Maurizio Martina: “ci sono passi in avanti importanti. Non dobbiamo cantare vittoria ma segnalare che il Pd rinnovato e’ competitivo nei territori. Dobbiamo potenziare questo lavoro. Se il Pd e il centrosinistra si presentano uniti e rinnovati sono piu’ forti”.

Per i renziani, invece, il nome del candidato e’ tutto da inventare Lorenzo Guerini rappresenterebbe una ‘fiche’ ottimale. Si tratta, infatti, di un ‘renziano laico’, apprezzato anche da molti esponenti dell’altra meta’ del Pd per le sue doti di mediatore nelle fasi piu’ difficili degli ultimi anni. Tuttavia, Calenda guarda a profili piu’ istituzionali: Paolo Gentiloni, Marco Minniti, Roberta Pinotti, sono alcuni dei nomi che ipotizza Calenda assieme a quelli di Giovannini, Ermete Realacci, Mila Spicola, Beppe Sala e Giorgio Gori. Un ‘dream team’ di cui, tuttavia, non si sa chi dovrebbe essere il leader. Stando a quanto riferiscono fonti parlamentari, Paolo Gentiloni continuerebbe a declinare garbatamente l’invito alla candidatura a leader del partito. Certo, l’ex presidente del consiglio si e’ molto speso nella campagna elettorale per i comuni.

L’unico a farlo per espressa richiesta dei circoli locali del Pd che hanno scelto di tenersi alla larga dal resto del gruppo dirigente nazionale. Ma, stando a quanto riferiscono fonti parlamentari di primo piano, continuerebbe a interporre un ‘no grazie’ all’ipotesi di una suo incarico da segretario preferendo giocare un ruolo “di servizio” nel partito. Un ‘no’ che, se confermato, chiuderebbe il passo anche al ‘piano B’ del segretario eletto in assemblea: l’unico prerequisito per percorrere questa strada, infatti, e’ che ci sia una larghissima maggioranza dell’assemblea disposta a votare il candidato e, al momento, l’unico a poter raggiungere l’obiettivo sembrerebbe proprio il recalcitrante Gentiloni.

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