Il dopo Renzi, quando Berlusconi-Monti si “congelarono” per la manovra

Il dopo Renzi, quando Berlusconi-Monti si “congelarono” per la manovra
5 dicembre 2016

Ci sono due casi recenti di presidenti del Consiglio che “congelarono” le loro dimissioni per permettere una rapida approvazione della manovra economica per scongiurare il rischio di un esercizio provvisorio. Si tratta delle dimissioni dell’ultimo governo Berlusconi nel 2011 e del Governo Monti l’anno successivo nel 2012. In entrambe i casi la crisi si manifestò tra la fine di novembre e dicembre: Berlusconi “congelò” le dimissioni per soli quattro giorni, mentre Monti ci mise un po’ di più a chiudere la legge di Bilancio: 13 giorni. Basta scorrere le notizie dell’epoca e i comunicati ufficiali del Quirinale per una rapida ricostruzione di quello che sembra al momento un percorso possibile anche per il Governo Renzi. Era l’otto novembre quando Berlusconi salì al Colle per dimettersi. Questo fu il comunicato diffuso in serata dal Quirinale: il presidente Napolitano “ha espresso viva preoccupazione per l’urgente necessità di dare puntuali risposte alle attese dei partner europei con l’approvazione della Legge di Stabilità, opportunamente emendata alla luce del più recente contributo di osservazioni e proposte della Commissione europea. Una volta compiuto tale adempimento, il Presidente del Consiglio rimetterà il suo mandato al Capo dello Stato”. Cosa che puntualmente avvenne quattro giorni dopo, il 12 novembre.

“Il Presidente Napolitano ha ricevuto il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il quale, essendosi concluso l’iter parlamentare di esame e di approvazione della legge di stabilità e del bilancio di previsione dello Stato, ha rassegnato le dimissioni del Governo da lui presieduto. Il Presidente della Repubblica, nel ringraziarlo per la collaborazione, si è riservato di decidere ed ha invitato – si legge nel comunicato ufficiale – il Governo dimissionario a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti”. Ed ha quindi indetto le consultazioni per il giorno successivo. L’anno successivo la storia si ripete: Monti sale al Quirinale e annuncia le sue “dimissioni irrevocabili”. Ma viene invitato da Napolitano ad accertare in tempi brevi “se le forze politiche che non intendono assumersi la responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio – rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo – siano pronte a concorrere all’approvazione in tempi brevi delle legge di bilancio. Subito dopo il Presidente del Consiglio provvederà, sentito il Consiglio dei Ministri, a formalizzare le sue irrevocabili dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica”. Poi il 21 dicembre Mario Monti risale al Quirinale una volta approvata la manovra. Napolitano accetta le dimissioni e apre le consultazioni.

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