Risparmiati 1,6 mld spesa interessi in 7 mesi

25 agosto 2014

La corsa ai titoli di Stato rappresenta una bella notizia per il ministero dell’economia. Il calo dei rendimenti su Btp e Bot significa una minore spesa per interessi. I picchi di fine 2011 con i Bot annuali al 6% sembrano preistoria. All’ultimo collocamento il rendimento di un Bot a 12 mesi è sceso al minimo storico dello 0,279%. Dopo un 2013 non privo di fibrillazioni, dall’ottobre dell’anno scorso la discesa dei rendimenti sui titoli di Stato ha imboccato un percorso costante. Confrontando i collocamenti di titoli di Stato nei primi 7 mesi dell’anno con quelli nello stesso periodo del 2013 si può stimare che la flessione dei rendimenti si traduce in una minor spesa per interessi di circa 1,6 miliardi di euro. Circa 1,1 miliardi per le aste di titoli a medio e lungo termine e il resto sui collocamenti dei titoli a breve come i Bot.

Tra i titoli che hanno registrato la flessione più marcata del rendimento lordo c’è il Btp triennale che un anno fa oscillava intorno al 2,40% mentre nelle ultime due aste viaggia sotto l’1%. Anche per il titolo a 10 anni robusta discesa dei rendimenti dal oltre il 4% al 2,60% dell’ultimo collocamento. Insomma, un tesoretto che va ad alleviare l’onere del costo del debito pubblico che viaggia sopra gli 82 miliardi di euro l’anno. Tuttavia, i benefici della discesa dei rendimenti nominali e del miglioramento dello spread sono in parte attenuati dalla frenata dell’inflazione che produce un aumento del costo reale del debito pubblico.

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Allargando il campo visivo ad altri importanti indicatori economici emerge tuttavia un quadro non proprio roseo per l’Italia che conferma la difficoltà di trasmissione delle politiche della Bce all’intera area euro.
In particolare guardando i tassi di interesse reale a breve e lungo termine, in Germania quelli a breve sono negativi mentre quelli a lungo termine sono nulli. In Italia sono positivi sia quelli a breve e sia quelli a lungo termine.
Il basso livello dei rendimenti tedeschi, ampiamente più bassi di quelli Usa e poco più alti di quelli giappesi (Bund 0,94% contro Treasury 2,40% e Jgb 0,51%), spingono verso il calo dell’euro. Mentre quello dei titoli italiani, poco più alti di quelli Usa ma altissimi rispetto a quelli giapponesi (Btp 2,47% conto 2,40% treasury e 0,51% Jgb) mantenengono alto il cambio euro/yen e dunque frenano il ribasso euro/dollaro. Non è detto dunque che l’avvio di politiche monetaria divergenti tra gli Usa (sempre meno espansiva) e l’Eurozona (sempre più espansiva) possa determinare necessariamente una significativa correzione ribassista dell’euro.

Sui tassi reali di interesse basta una fotografia: nell’agosto 2013 il tasso annuo di inflazione in Germania era pari all’1,5%, il rendimento del Bund all’1,85%, il tasso reale di interesse di lungo termine era positivo e pari a 0,35%. In Italia il tasso di inflazione era pari all’1,4% , il rendimento del Btp era al 4,38%, il tasso reale di interesse era pari a 2,98%. In altre parole la Germania aveva tassi reali di interesse circa 8,5 volte piu’ bassi dell’Italia.

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Oggi con il Bund allo 0,94% e inflazione allo 0,8%, in Germania il tasso reale di interesse si e’ ridotto allo 0,10%, quasi nullo. In Italia con il Btp al 2,47% e l’inflazione allo 0,1% tendenziale il tasso reale di interesse si e’ ridotto solo al 2,37%. Dunque la politica monetaria espansiva della Bce non riesce ad abbassare in maniera significativa il tasso reale di interesse dell’Italia, mentre influenza quello della Germania. Con un risultato paradossale. Oggi il tasso reale di interesse della Germania e’ 23,7 volte piu’ basso che in Italia. E quando i tassi di interesse reali sono appena positivi, nulli o negativi la spesa per investimenti cresce, al contrario quando sono molto positivi non conviene investire perche’ il rendimento reale e’ cosi’ elevato che conviene la rendita.

Secondo i manuali di economia i tassi reali bassi o negativi sono coerenti con uno scenario di rallentamento economico, come in Germania, quelli molto positivi sono compatibili con uno scenario di forte ripresa economica. Il paradosso dell’Italia e’ sta viaggiando in area deflazione con tassi da boom economico. Piu’ che i tassi di interesse l’Italia deve sperare in una ripresa dell’inflazione.

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