Il ritorno del disco, come funziona la fabbrica che incide note ed emozioni

26 marzo 2018

Tra i regali di Natale quest’anno c’è un ritorno dal sapore retrò, il disco. Sotto l’albero la musica recupera la sua storica dimensione fisica, considerata, per lungo tempo, superata dall’impalpabile ascolto digitale. Siamo andati a vedere come nasce un disco alla Europress Vinyl di Paullo, comune alle porte di Milano dove a farci da guida tra matrici, giradischi e puntine è il padrone di casa Michele Gagliardi. “Ho iniziato a stampare i vinili insieme a mia moglie con altri due soci il primo aprile del 1980. Con l’avvento del cd sembrava che il vinile dovesse morire, tanto è vero che le fabbriche del vinile sono sparite, siamo rimasti in due e poi sono rimasto da solo, si stampava poco e niente poi avendo una cartotecnica molto forte nel 2010 ho pensato di vendere la fabbrica del vinile conservando solo due vecchie macchine così…Poi amici e clienti mi hanno coinvolto un’altra volta, ho ripreso quel ragazzo Angelo abbiamo rimesso le macchine in funzione che ora fanno dei bei dischi”. Ad accompagnarci in questo viaggio nel mondo del vinile anche un esperto come Claudio Ferrante, fondatore e ceo della Artist First, società di distribuzione discografica tutta italiana “Il supporto fisico non è assolutamente morto. Nel nostro Paese questa azienda produce una quantità di vinili enorme, era impensabile fino a qualche anno fa, oggi il vinile è una dimensione tattile di cui il pubblico è tornato ad appropriarsi. Mettere sul giradischi un vinile nero, colorato, e ascoltare il click della puntina ha una magia che nessuno streaming può dare”.

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Ma come si incide una canzone sul vinile? “Parte tutto dal digitale – racconta Gagliardi – che ci manda il cliente, noi facciamo il fisico, facciamo il negativo e poi il positivo e lo stamper e poi da lì andiamo in macchina e facciamo quanti dischi vogliamo. Lo stampatore può durare 300 o 3.000 dischi, poi se si rovina prendiamo la madre e ne facciamo un altro se abbiamo bisogno di ristampare dei dischi”. “Il vinile è fatto in granuli. C’è una vite senza fine che parte dal basso a 120 gradi in basso, 130 gradi in mezzo, 140 gradi in alto. Lo porta a 180 gradi e va a finire in una pressa che lo fonde a 200 gradi dove il vinile nel giro di 4 secondi diventa acqua poi mettendo subito acqua fredda che lo raffredda e lo indurisce. Poi vengono tagliati gli scarti in 23 secondi il disco è finito – prosegue – Per fare un disco da 180 grammi ci vogliono 220-225 grammi di vinile poi noi lo scarto lo riutilizziamo”. “In Italia – osserva Ferrante – abbiamo il 75% di mercato fisico ancora presente, contrariamente a quello che si pensa lo streaming ha quantitativamente un utilizzo superiore ma nel nostro Paese a valore l’industria discografica oggi vive di supporto fisico e il vinile grazie a questo quest’anno ha raddoppiato le quantità”.

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